lunedì 30 maggio 2011

Analogia digitale (terrestre)

C'era una volta la televisione analogica, inizialmente piccola, con immagini in bianco e nero, sfocate, dai suoni ovattati. Poi arrivò il colore, le immagini in movimento acquisirono personalità, spessore, sostanza, migliorò la qualità delle immagini insieme a quella del suono, aumentò il numero dei canali televisivi offerti e di conseguenza si moltiplicarono gli show e i personaggi ad essi correlati. Le tv non erano tutte uguali ma bensì di tre tipi diversi: la televisione pubblica, la televisione commerciale e la televisione a pagamento.
La televisione pubblica rappresenta un servizio pubblico offerto da uno Stato, il quale detiene i diritti televisivi di quell'emittente la quale offre ai cittadini un certo grado di offerta televisiva rappresentata dal numero di canali proposti. Tali canali sono tutti a pagamento, ovvero per la loro fruizione è necessario pagare un abbonamento.
La televisione commerciale, o televisione privata, è una tv che appartiene ad un imprenditore privato, il quale decide di offrire il proprio servizio televisivo gratuitamente al pubblico. Il problema di questa tv è legato alla ricezione del segnale, essendo la tv finanziata da investimenti pubblicitari e privati la potenza delle apparecchiature tecniche e quindi la qualità del segnale sono legati proprio a questo fattore: più gli investimenti sono alti e più vi sono possibilità di investire denaro nel miglioramento della ricezione la quale potrà così espandersi andando a coprire aree un tempo escluse dal servizio.
La televisione a pagamento, o pay tv,  ingloba due tipi diversi di tv relativi alla differente ricezione del segnale: la televisione satellitare, la quale utilizza onde radio per diffondersi, e la televisione via cavo, la quale utilizza un cavo per telecomunicazioni. Anche questo tipo di tv risulta a pagamento ma a differenza della tv pubblica dove si ha un abbonamento onnicomprensivo di tutti i canali offerti, la pay tv offre pagamenti "a pacchetto", ovvero lascia libera scelta allo spettatore di poter decidere quali canali visionare e per quanto tempo desidera. Al termine del periodo stabilito lo spettatore può decidere di rinnovare l'abbonamento oppure può cambiare numero di canali e la durata dell'abbonamento stesso.
Poi un bel giorno ci si è resi conto che la tv analogica non andava più bene, la pay tv e le tv private, anche a carattere regionale o provinciale, rappresentavano un'alternativa molto forte e la loro sempre maggiore diffusione rischiava di mettere in ombra il servizio pubblico televisivo. In particolare la pay tv ha sempre destato non poche preoccupazioni alla tv pubblica ma anche a quella privata, avendo la capacità di offrire al pubblico un'enorme vastità di canali televisivi tematici ed ogni sorta di show. La qualità e potenza del segnale analogico inoltre non garantiva altre prospettive di miglioramento, quindi l'alternativa più conveniente e sicura per un perfezionamento complessivo del servizio televisivo era rappresentato dalla conversione del segnale analogico in segnale digitale.
La tv digitale si è fatta sempre più rilevante sino a quando la stragrande maggioranza dei governi ha optato per un obbligo tassativo di conversione di tutti i segnali analogici in segnali digitali. I vantaggi derivati dalla digitalizzazione del segnale televisivo sono in verità assai ridotti ma quelli che hanno di certo più risalto sono un effettivo potenziamento della qualità audio/video, un incremento notevole dell'interattività ed un ampliamento dell'offerta televisiva rappresentata da un maggiore numero di canali televisivi. Tirando le somme, al pubblico televisivo, sia che si tratti di pubblico pagante (tv pubblica/pay tv) o di pubblico spontaneo (tv privata) il miglioramento delle immagini e dell'audio risulta essere un fattore del tutto marginale sicché la scarsa qualità delle immagini analogiche era spesso legata al tipo di apparecchio televisivo in uso: più l'apparecchio era vetusto, più l'immagine ricevuta era assai scarsa. Per ovviare questo problema era sufficiente acquistare un apparecchio televisivo nuovo e tale aspetto poco ha a che vedere con la digitalizzazione del segnale. Per quanto riguarda invece l'interattività, la tv analogica già offriva due sistemi ritenuti interattivi: il teletext e il televoto. Il servizio di teletext è offerto da ogni rete televisiva ed offre agli spettatori la possibilità di visionare ogni tipo di informazione relativa ad una determinata rete tramite delle "pagine" realizzate con una grafica estremamente sobria e rudimentale nelle quali l'utente si può spostare, scegliendo le informazioni che più gli interessano e cambiando pagine tramite l'uso del telecomando. Il televoto è invece un servizio più recente e riguarda l'interazione diretta del pubblico con un programma televisivo, il quale può decidere da casa le sorti di quel programma, l'evolversi delle vicende e la partecipazione di personaggi. Il televoto offre quindi al pubblico da casa una partecipazione a tutti gli effetti al programma e rappresenta anche una forma indiretta di assuefazione televisiva, ovvero tale stratagemma, costringendo il pubblico a partecipare ad un programma, lo induce per forza di cose a verificare le conseguenze delle sue decisioni, vincolando il pubblico alla visione dello show.
Tali servizi possono a tutti gli effetti essere considerati interattivi, quindi la tv digitale non offre niente di diverso da ciò che la tv analogica già garantiva. L'interattività maggiore proposta dalla tv digitale è solo un'amplificazione dell'interattività analogica, riguardante per la maggior parte dei casi il teletext, il quale è decisamente migliorato nella grafica ed offre un numero sempre maggiore di informazioni.
La vera novità effettiva è data quindi da una vasta gamma di reti televisive trasmesse in chiaro dalla tv digitale. Vale la pena, a questo punto, fare una piccola distinzione tecnica: la digitalizzazione della tv analogica in chiaro viene definita "terrestre" poiché i nuovi canali offerti sono totalmente gratuiti e visionabili senza alcuna forma di abbonamento. I servizi della pay tv, anche se digitali, continuano ad essere trasmessi solo su piattaforme appropriate e visionabili solo tramite un abbonamento. Ecco allora che il pubblico della tv analogica riconvertita in tv digitale si ritrova la possibilità di visionare un maggiore numero di canali televisivi un tempo concessi solo su alcune piattaforme della pay tv.
Se da un lato aumenta l'offerta del numero delle nuove reti digitali, dall'altro si evidenzia sempre più il valore dei presunti vantaggi derivati da questa offerta televisiva. I tanto declamati nuovi canali non sono niente altro che contenitori di programmi replicati su altre reti, ritrasmettono in sostanza contenuti televisivi già apparsi su altri canali e solo in alcuni sporadici casi si possono visionare programmi del tutto nuovi. Ecco allora che la differenza fra tv digitale terrestre e pay tv rimane sempre la stessa, costante: il pubblico pagante potrà visionare programmi mai visti prima solo grazie l'abbonamento, mentre il pubblico non pagante potrà visionare quegli stessi programmi in un secondo momento su un canale digitale che li spaccia come contenuti "nuovi", quando di nuovo c'è solamente il nome della rete digitale.
Abbiamo a che fare quindi con un discreto miglioramento delle qualità tecniche del servizio da un lato, ma al contempo abbiamo un'offerta televisiva variegata anche se qualitativamente bassa dall'altro. La grande quantità di nuovi canali non è niente altro che una ripetizione ad oltranza di programmi già apparsi su altre reti e riproposti in chiave digitale terrestre e oltretutto le ore complessive giornaliere di messa in onda non raggiungono quasi mai le 24 ore come invece accade per  le tv pubbliche, le tv private in alcuni casi e le pay tv. La messa in onda è spesso inferiore alle 24 ore e trattandosi per la maggior parte di programmi trasmessi in replica, per coprire le ore di messa in onda giornaliere uno stesso programma può essere replicato anche più di una volta, abbassando notevolmente la qualità dell'offerta televisiva.
Un lato positivo in tutto questo lo si ritrova nella possibilità da parte del pubblico non abbonato alla pay tv di visionare programmi sui nuovi canali digitali altrimenti non accessibili.

Vale la pena a questo punto inquadrare la situazione con alcuni esempi esaurienti, partendo dai nuovi canali in digitale offerti dalla tv pubblica italiana.
La Rai ha introdotto con l'avvento del digitale terrestre una decina di nuovi canali anche se noi ne prenderemo in esame solo alcuni. Cominciamo da Rai 4, canale gratuito trasmesso solo sul digitale terrestre. Il canale si presenta come semigeneralista, ovvero non è propriamente tematico ma possiede un mood attorno al quale si sviluppa l'intera programmazione, la quale può anche divergere da esso. Il canale trasmette solamente serie televisive, film tv, cartoni animati e film cult. La stragrande maggioranza di tutti questi programmi sono composti da repliche, ovvero intere serie tv e cartoni animati vengono ritrasmesse dalla prima serie in avanti. La particolarità di questa programmazione risiede nel fatto che tutti gli episodi di ogni serie tv sono trasmessi senza tagli o censure, a differenza invece di ciò che accadeva per la prima messa in onda delle serie tv nei precedenti canali analogici. Un altro aspetto da non sottovalutare è la messa in onda gratuita per la prima volta di programmi trasmessi precedentemente solo sulla pay tv. Vi è anche una forte ed eccessiva presenza di stacchi pubblicitari ma questo è un aspetto fondamentale dato che in assenza delle inserzioni pubblicitarie questi canali non riuscirebbero a sostentarsi autonomamente. Programmi che esulano dall'anima della rete sono principalmente incentrati sul mondo di internet e delle nuove tecnologie.
Sulla stessa scia è nato Rai 5 il quale sostituisce l'ex Rai Extra. La rete si presenta come tematica, trasmette quindi programmi incentrati solamente sulla cultura e sullo spettacolo e, sporadicamente, anche documentari. Anche questo canale trasmette solamente repliche di contenuti già trasmessi su altre reti o li trasmette per la prima volta in chiaro. I temi principali sono la musica, l'arte, i film d'autore e le opere teatrali, tutti programmi che difficilmente trovano spazio nelle reti tradizionali.
Un altro canale digitale è Rai Premium il quale si presenta come tematico e trasmette soltanto repliche di fiction prodotte dalla Rai. Rai Movie invece, altro canale tematico, trasmette solo cinema d'autore, principalmente italiano, ovvero film che difficilmente trovano collocazione su reti generaliste. Sporadicamente Rai Movie trasmette anche film d'autore in anteprima ed ampio spazio è dedicato ai principali festival cinematografici nazionali e internazionali.
Sul fronte della tv privata, Mediaset offre quattro nuovi canali in digitale terrestre, primo fra tutti La5, canale semigeneralista rivolto esclusivamente ad un pubblico femminile di tutte le età. La rete trasmette fiction, reality show e cartoni animati in replica insieme a qualche produzione originale in esclusiva per la rete. Tali produzioni, a basso costo, replicano frammenti di programmi Mediaset già messi in onda o presentano alcuni programmi in modo insolito, come i dietro le quinte e i backstage.
Altro canale importante è Boing, rete tematica rivolta esclusivamente ad un pubblico di bambini e ragazzi. Trasmette solo cartoni animati e qualche serie tv in esclusiva gratuita.
La programmazione di Iris è invece tematica ed è incentrata sulla trasmissione di cinema d'autore, opere teatrali e film di serie B oltre a film cult e qualche serie televisiva.
Infine, Mediaset Extra trasmette programmi presenti e passati delle tre reti Mediaset Canale 5, Rete 4 e Italia 1.
Telecom Italia Media offre invece La 7d, una rete semigeneralista che trasmette ogni sorta di programma dedicato principalmente ad un pubblico femminile ma non solo, proponendo repliche della normale programmazione di La 7 insieme a piccole produzioni in esclusiva. Dello stesso editore fa parte anche  MTV Music che trasmette repliche della normale programmazione di MTV.
Forse l'unica vera novità è rappresentata dal canale Cielo, che trasmette sia in digitale terrestre che in pay tv sulla piattaforma Sky. Il canale è semigeneralista ed offre una vasta gamma di programmi, spaziando dalle serie tv ai talk show, dai quiz ai documentari. E' inoltre una delle poche reti digitali a dedicare ampio spazio all'informazione con diverse edizioni giornaliere di un telegiornale. Essendo la rete edita dalla società News Corporation, la stessa di Sky, la stragrande maggioranza dei programmi di Cielo sono una replica dei programmi già trasmessi da Sky, ma visibili in chiaro e gratuitamente. Le ore di messa in onda complessive sono soltanto 20.
Altra novità è rappresentata dal canale tematico Real Time, edito dal gruppo Discovery. Trasmette sia in pay tv sia in digitale terrestre ed ha una programmazione incentrata sul lifestyle, proponendo programmi su moda, cucina, alimentazione, arredamento e fai da te. La rete trasmette ad oltranza più repliche in un giorno dello stesso programma e non dedica alcuno spazio all'informazione.
Altri canali rilevanti del digitale terrestre sono rappresentati da K2 e da Frisbee, canali tematici rivolti ai bambini e agli adolescenti, oppure i numerosi canali dedicati al mondo della musica come Deejay Tv, RTL 102.5 Tv, Virgin Radio Tv o Play.me

Complessivamente, ciò che caratterizza questi canali è la sempre maggiore centralità degli argomenti attorno ai quali si sviluppano interi palinsesti di reti e questo aspetto da un lato è estremamente conveniente ed interessante per chi nutre una passione che un certo canale mette in video, mentre dall'altro lato è un aspetto negativo sicché coloro che non hanno lo stesso interesse non guarderanno mai i programmi di quella rete: si ha quindi a che fare con un fenomeno di esclusione diretta per tutte le reti ritenute tematiche i cui spettatori non reputano interessante la programmazione offerta. Il caso contrario è l'inclusione diretta, ovvero quando l'argomento di un programma (o diversi argomenti di diversi tipi di programmi) interessano e coinvolgono il pubblico convincendolo così ad assistere allo show. Avviene invece il fenomeno dell'esclusione indiretta sempre per le reti tematiche, in particolare quando un argomento entra talmente nel dettaglio da ritenerlo addirittura prolisso o talvolta noioso anche per gli spettatori più interessati. Per esempio, può essere interessante guardare un documentario sulla storia del teatro proposto da una rete tematica (inclusione diretta), mentre assistere ad un'intera opera teatrale, senza interruzioni pubblicitarie, può risultare davvero noioso (esclusione indiretta); oppure, può essere curioso assistere ad un documentario sull'addestramento dei cani, può risultare invece fin troppo noioso un documentario dettagliato sulla storia degli studi sulla psicologia e sul comportamento dei cani o degli animali in genere. Anche con questi programmi si incorre nel rischio di escludere indirettamente una fascia di pubblico che ipoteticamente poteva essere interessata al programma. Per le reti generaliste e semigeneraliste il discorso è di più ampio respiro e si è di fronte ad un fenomeno di inclusione indiretta: benché la rete affronta temi che esulano dal mood centrale della programmazione, vi sono buone possibilità di catturare l'attenzione degli spettatori non avvezzi alla rete. Questo discorso va ampliato anche per le reti generaliste che abbracciano un ampio numero di programmi, spesso molto variegati, e le probabilità di guadagnare più fasce di pubblico sono maggiori.

Siamo quindi sempre più di fronte ad una prolificazione di canali tematici o semigeneralisti che affrontano un tema o un numero molto ristretto di temi attorno ai quali costruire la programmazione e ciò accade solo per le reti digitali terrestri: il discorso si amplifica ancora di più per quanto concerne le pay tv che offrono davvero ogni sorta di rete tematica possibile: intere reti dedicate alla cucina, alla moda, al cinema, allo sport, allo spettacolo ecc. Se da un lato prolificano reti in digitale terreste, dall'altro lato si ha un impoverimento dell'informazione con una presenza insufficiente e talvolta del tutto assente di telegiornali e di un impoverimento della fantasia dei programmi, in particolare per i contenuti (programmi in replica o che riciclano frammenti di programmi passati) e per la scarsa elaborazione dei titoli degli stessi: un programma dal nome "Sei più bravo di un ragazzino di 5^?" lascia poco all'immaginazione ed è più che evidente la sua natura da quiz, anche se non si assiste allo show; oppure, un programma dal titolo "Cerco casa...disperatamente" oppure "Chirurgia plastica XXL" o ancora "Italia's Next Top Model" o "Cortesie per gli ospiti", "Grassi contro magri", "Matrimonio all'italiana", "Cambio vita...Mi sposo!" e, per finire, "Vuoi ballare con me?" sono tutti titoli di scarsa fantasia che non lasciano neppure immaginare nulla sul tipo di contenuto tanto sono espliciti ed esaurienti di per loro.

Il futuro televisivo che si prospetta appare alquanto frammentato in tanti tasselli tanti quanti sono i nuovi canali digitali, sottolineando anche il fatto che l'apertura di un nuovo canale che trasmette prevalentemente repliche ha dei costi relativamente bassi, soprattutto quando la rete in questione mette in onda repliche di show appartenenti alla propria azienda: in questo caso il riciclo è a costo zero sicché non è necessario pagare diritti d'autore o diritti d'importazione. Appare sempre più evidente l'analogia perpetrata dai canali digitali tematici con la realtà fisica, addirittura con le abitudini di singoli gruppi di persone. Canali tematici sul lifestyle o sulla cucina o sulla moda non rivestono quasi per nulla un ruolo di spettacolarizzazione, vi è poco di spettacolo, non c'è nulla di artificioso, di pianificato in un programma sul fai da te oppure in uno sulla compravendita di una casa. Il parziale annichilimento del valore dello spettacolo avvicina queste reti sempre più alla realtà fisica piuttosto che all'artificio televisivo puro e questo è probabilmente l'aspetto vincente di questi canali: il pubblico viene talmente coinvolto da sentirsi parte del programma, è consapevole di poter condividere i contenuti dello show anche al di fuori dello schermo e questo particolare differisce notevolmente dagli show delle reti digitali generaliste sicché imitare un reality show dal vivo o un quiz risulta davvero improponibile.
Vi è allora un arricchimento culturale in campo televisivo e questo arricchimento è dovuto da una parte ad una proposta televisiva più ampia basata su nuovi contenuti di qualità e dall'altra da un avvicinamento sempre maggiore del pubblico, il quale si sente molto simile ai programmi di una rete proprio perché ne condivide i temi e gli argomenti. Ma a discapito di tutto ciò vi è anche una proliferazione dei contenuti pubblicitari che sono il vero motore di queste nuove reti digitali, le quali senza gli investimenti pubblicitari, e senza ascolti, non sarebbero capaci di sopravvivere autonomamente. I bassi budget che queste reti hanno a disposizione non consentono loro di dare vita ad enormi megaproduzioni televisive, ma piuttosto a brevi programmi tematici di breve durata, spezzo intervallati da più spazi pubblicitari e considerato che per la stragrande maggioranza dei casi queste reti trasmettono repliche una volta esaurite le puntate di un nuovo programma, riuscire a trovare contenuti stimolanti risulta essere alquanto difficile.
In definitiva, questa è la vera novità introdotta dal digitale terrestre, non un mirabolante miglioramento della qualità tecnica dei servizi offerti quanto piuttosto un perfezionamento dell'offerta televisiva, sempre più indirizzata ad un pubblico ben preciso, sempre meno generalista e sempre più tematica, sempre più vicina alla realtà degli spettatori e sempre più lontana dall'essere televisione.

martedì 3 maggio 2011

uMan Take Control! - Recensione



Il sottoscritto non è un amante della televisione in generale e tanto meno dei reality, la forma probabilmente più subdola di intrattenimento dopo la pubblicità. In fondo i reality sono proprio questo, delle grandi campagne pubblicitarie che inducono (e talvolta costringono) lo spettatore a seguire il programma promettendogli chissà quali rivelazioni, scoop o colpi di scena. Il fatto curioso è che, nonostante lo spettatore sa perfettamente che non avverrà tutto ciò e se avverrà non sarà nulla di spontaneo ma di già pianificato, il pubblico continua ugualmente ad assistere a questi spettacoli di bassa qualità, nei quali la cultura va a farsi benedire, dove l'informazione è stata legata e imbavagliata, dove l'intrattenimento puro è stato narcotizzato e gettato in un pozzo senza fondo, una voragine macabra e grottesca come le pance degli italiani, menti apparentemente vuote pronte a criticare tutto ciò che le circonda ma subitamente celeri a farsi coccolare e comandare dalla prima cosa bella che gli capita sotto il naso. I reality show non sono impegnativi, non esigono conoscenze particolari da parte degli spettatori, non sono rivolte ad un pubblico medio/alto, non possiedono contenuti di alto valore culturale, sono quindi alla portata di tutti, il fascino dell'inutilità del reality colpisce e affascina qualsiasi tipo di spettatore, dal plurilaureato che assiste ad un grottesco giochino televisivo chiedendosi cosa lo spinge ad assistere a quelle scene, alla casalingua disperata che ritrova nella televisione argomenti ed interessi d'uso quotidiano utili per interagire e relazionarsi con amiche e comari varie. Insomma, il reality show non può non piacere, DEVE piacere, è un susseguirsi senza senso di situazione surreali, al limite della decenza, dello scandalo, oltre i limiti del pudore e della vergogna, produce risa, stupore, interesse, curiosità, ira, malumore, coinvolge il pubblico sentimentalmente e gli concede il diritto di vita o di morte sui concorrenti. Ed è proprio questo il punto di forza del reality, ovvero la decisione suprema del pubblico che tramite il televoto è chiamato a decidere le sorti di tutti i concorrenti; è questo il traino del gioco, la matrice che per la maggiore induce il pubblico a seguire lo show, proprio perché esso ha il potere decisionale su tutti, decide chi deve restare e chi invece deve andarsene, decide il vincitore e gli sconfitti. Il televoto è un'arma formidabile, è un'arguta genialata che subdolamente costringe il pubblico a seguire lo show, perché il televoto verrà aperto solo in determinati momenti del programma senza sapere quali e nel frattempo partono un'infinità di stacchi pubblicitari, utili all'azienda tv, noiosi per i telespettatori i quali talvolta se li guardano ugualmente pur di non perdersi un solo istante di gioco. 

Fin qui è il reality così come l'abbiamo sempre visto, è la formula classica che ci è stata proposta da sempre. Cosa cambia quindi nel presunto nuovo reality show, definito estremo dai conduttori stessi? Ebbene, uMan Take Control! non ha nulla di estremo, non presenta particolarità rilevanti rispetto alle decine di programmi che l'hanno preceduto, esistono i concorrenti, esistono le prove, esistono le dirette, esiste il televoto. La sola cosa che cambia davvero è lo spirito del gioco, lo spirito col quale il programma è stato pensato e sviluppato ma che purtroppo non è stato poi portato a termine come avrebbe dovuto. Lo show, definito esperimento, presenta 8 cavie chiamate omini, i quali sono tutti ex concorrenti di reality i quali sono stati contaminati dal mondo dello spettacolo e dalla televisione compromettendo così le loro identità da "umani". Lo scopo del gioco risiede proprio nel ridare personalità agli omini, ovvero di "riumanizzarli" per ricondurli nella realtà, e qui il programma già inciampa su se stesso sicché salta palesemente all'occhio l'evidente controsenso per il quale un ex concorrente da reality per riacquisire personalità debba partecipare ad un altro reality. Un paradosso assurdo. 

Nel corso del programma gli omini devono affrontare delle prove le quali, se superate, doneranno a ciascuno un certo punteggio e i due omini che riceveranno il punteggio più basso rischieranno l'eliminazione a fine puntata. Gli omini risiederanno per il resto del tempo all'interno di un candido laboratorio bianco, asettico, privo di oggetti d'arredo o d'utilità, i quali verranno col tempo forniti agli omini in cambio di punti vita che verranno scalati dal loro punteggio totale. Tutto questo lo decide il pubblico, utilizzando il fatidico televoto per scegliere gli omini da usare nelle prove, e votando sul sito internet gli oggetti da fornire agli omini. Questa è già una prima curiosa particolarità da non-reality, ovvero si chiede al pubblico di interagire in due modi distinti per decidere due scelte diverse. E' altresì curioso il fatto che ogni omino è costretto ad indossare una tutina di colore diverso, in modo da spogliarli delle loro personalità contaminate e di renderli anonimi, quasi indistinguibili se non fosse proprio per quelle tutine colorate. Questo particolare suona un po' come una presa in giro, come uno sfottò da parte degli autori che si sono palesemente divertiti a ridicolizzare personaggi che già di loro non brillavano certo di carisma e astuzia, addobbandoli come degli enormi teletubbies e inserendoli in un finto contesto riabilitativo completamente inutile. 

L'aspetto probabilmente più curioso di tutto lo show è il metodo dell'eliminazione dei concorrenti, il quale non è stato capito prima di tutto dai presentatori Forest/Brescia e secondariamente neppure dai telespettatori. L'obiettivo del gioco, come si è detto, è quello di riumanizzare gli omini, ovvero di "curare" coloro che più versano in un evidente stato di degrado psico-televisivo. A rigor di logica quindi, i concorrenti da eliminare non sono quelli meno simpatici ma bensì quelli che hanno meno bisogno delle cure del programma, quelli che si ritengono essere guariti dalla sindrome da reality. Ovvero, il meccanismo dell'eliminazione è inverso rispetto alla norma, non va eliminato l'omino meno simpatico o quello che piace meno, ma piuttosto quello che ha meno bisogno di restare nel laboratorio e salvare coloro che devono invece essere sottoposti alle opportune cure. 

Tutto lo show è quindi impostato come un grande videogioco televisivo, dove non esistono concorrenti ma omini senza nome, dove se un omino viene eliminato o si assenta può essere sostituito da un omino picchio che condurrà il gioco per lui, dove gli omini guadagnano punti vita in ogni sfida e più il punteggio è alto più gli omini potranno meritarsi premi e accessori per le loro cabine nel laboratorio. Il pubblico/giocatore decide quali omini utilizzare nelle prove, decide quali oggetti fornire e quali personaggi eliminare. Questo è quindi lo spirito del programma, è qualcosa di nuovo e innovativo, uno show con un intento del genere ancora non si era visto in tv, le premesse ci sono tutte per rendere questo reality un videogame umano a tutti gli effetti. Ma l'originalità del progetto viene sminuita da un'impostazione televisiva classica, basata su una conduzione triste, mal assortita e asettica come il candore del laboratorio. La prima puntata è stata a dir poco soporifera, lo show sembrava una cattiva copia del compianto "Giochi senza frontiere", la coppia di conduttori era spaesata, la Brescia brava a mostrare le sue doti mnemoniche con la recitazione della scaletta e sempre pronta a ricordare che il programma "è il reality più estremo della tv", il Mago Forest appare evidentemente fuori luogo in un programma che non è il suo e nel quale semina a oltranza battutacce e battutine di cattivo gusto a sfondo erotico/sessuale. Per finire, una regia a dir poco pessima, disarticolata, penosa e vergognosa, ridicola nelle sue inquadrature nonsense nelle quali fanno capolino tecnici di ogni sorta, assistenti di studio e microfonisti che compaiono con i loro faccioni sfocati d'innanzi alle telecamere, microfoni aperti di personaggi fuori onda, RVM e collegamenti che non partono, stacchi pubblicitari ogni 10 minuti e altrettanti televoti che disorientano il pubblico e lo affaticano. Il risultato è quello di uno show già visto e rivisto che ricicla spettacoli e generi ma che al contempo nasconde uno spirito ed un'inventiva non sfruttati a dovere. Una delle poche note positive è la grafica del programma, fresca e colorata, e il motivo musicale della sigla, Human dei Killers, che fa sempre la sua bella figura.