martedì 3 maggio 2011

uMan Take Control! - Recensione



Il sottoscritto non è un amante della televisione in generale e tanto meno dei reality, la forma probabilmente più subdola di intrattenimento dopo la pubblicità. In fondo i reality sono proprio questo, delle grandi campagne pubblicitarie che inducono (e talvolta costringono) lo spettatore a seguire il programma promettendogli chissà quali rivelazioni, scoop o colpi di scena. Il fatto curioso è che, nonostante lo spettatore sa perfettamente che non avverrà tutto ciò e se avverrà non sarà nulla di spontaneo ma di già pianificato, il pubblico continua ugualmente ad assistere a questi spettacoli di bassa qualità, nei quali la cultura va a farsi benedire, dove l'informazione è stata legata e imbavagliata, dove l'intrattenimento puro è stato narcotizzato e gettato in un pozzo senza fondo, una voragine macabra e grottesca come le pance degli italiani, menti apparentemente vuote pronte a criticare tutto ciò che le circonda ma subitamente celeri a farsi coccolare e comandare dalla prima cosa bella che gli capita sotto il naso. I reality show non sono impegnativi, non esigono conoscenze particolari da parte degli spettatori, non sono rivolte ad un pubblico medio/alto, non possiedono contenuti di alto valore culturale, sono quindi alla portata di tutti, il fascino dell'inutilità del reality colpisce e affascina qualsiasi tipo di spettatore, dal plurilaureato che assiste ad un grottesco giochino televisivo chiedendosi cosa lo spinge ad assistere a quelle scene, alla casalingua disperata che ritrova nella televisione argomenti ed interessi d'uso quotidiano utili per interagire e relazionarsi con amiche e comari varie. Insomma, il reality show non può non piacere, DEVE piacere, è un susseguirsi senza senso di situazione surreali, al limite della decenza, dello scandalo, oltre i limiti del pudore e della vergogna, produce risa, stupore, interesse, curiosità, ira, malumore, coinvolge il pubblico sentimentalmente e gli concede il diritto di vita o di morte sui concorrenti. Ed è proprio questo il punto di forza del reality, ovvero la decisione suprema del pubblico che tramite il televoto è chiamato a decidere le sorti di tutti i concorrenti; è questo il traino del gioco, la matrice che per la maggiore induce il pubblico a seguire lo show, proprio perché esso ha il potere decisionale su tutti, decide chi deve restare e chi invece deve andarsene, decide il vincitore e gli sconfitti. Il televoto è un'arma formidabile, è un'arguta genialata che subdolamente costringe il pubblico a seguire lo show, perché il televoto verrà aperto solo in determinati momenti del programma senza sapere quali e nel frattempo partono un'infinità di stacchi pubblicitari, utili all'azienda tv, noiosi per i telespettatori i quali talvolta se li guardano ugualmente pur di non perdersi un solo istante di gioco. 

Fin qui è il reality così come l'abbiamo sempre visto, è la formula classica che ci è stata proposta da sempre. Cosa cambia quindi nel presunto nuovo reality show, definito estremo dai conduttori stessi? Ebbene, uMan Take Control! non ha nulla di estremo, non presenta particolarità rilevanti rispetto alle decine di programmi che l'hanno preceduto, esistono i concorrenti, esistono le prove, esistono le dirette, esiste il televoto. La sola cosa che cambia davvero è lo spirito del gioco, lo spirito col quale il programma è stato pensato e sviluppato ma che purtroppo non è stato poi portato a termine come avrebbe dovuto. Lo show, definito esperimento, presenta 8 cavie chiamate omini, i quali sono tutti ex concorrenti di reality i quali sono stati contaminati dal mondo dello spettacolo e dalla televisione compromettendo così le loro identità da "umani". Lo scopo del gioco risiede proprio nel ridare personalità agli omini, ovvero di "riumanizzarli" per ricondurli nella realtà, e qui il programma già inciampa su se stesso sicché salta palesemente all'occhio l'evidente controsenso per il quale un ex concorrente da reality per riacquisire personalità debba partecipare ad un altro reality. Un paradosso assurdo. 

Nel corso del programma gli omini devono affrontare delle prove le quali, se superate, doneranno a ciascuno un certo punteggio e i due omini che riceveranno il punteggio più basso rischieranno l'eliminazione a fine puntata. Gli omini risiederanno per il resto del tempo all'interno di un candido laboratorio bianco, asettico, privo di oggetti d'arredo o d'utilità, i quali verranno col tempo forniti agli omini in cambio di punti vita che verranno scalati dal loro punteggio totale. Tutto questo lo decide il pubblico, utilizzando il fatidico televoto per scegliere gli omini da usare nelle prove, e votando sul sito internet gli oggetti da fornire agli omini. Questa è già una prima curiosa particolarità da non-reality, ovvero si chiede al pubblico di interagire in due modi distinti per decidere due scelte diverse. E' altresì curioso il fatto che ogni omino è costretto ad indossare una tutina di colore diverso, in modo da spogliarli delle loro personalità contaminate e di renderli anonimi, quasi indistinguibili se non fosse proprio per quelle tutine colorate. Questo particolare suona un po' come una presa in giro, come uno sfottò da parte degli autori che si sono palesemente divertiti a ridicolizzare personaggi che già di loro non brillavano certo di carisma e astuzia, addobbandoli come degli enormi teletubbies e inserendoli in un finto contesto riabilitativo completamente inutile. 

L'aspetto probabilmente più curioso di tutto lo show è il metodo dell'eliminazione dei concorrenti, il quale non è stato capito prima di tutto dai presentatori Forest/Brescia e secondariamente neppure dai telespettatori. L'obiettivo del gioco, come si è detto, è quello di riumanizzare gli omini, ovvero di "curare" coloro che più versano in un evidente stato di degrado psico-televisivo. A rigor di logica quindi, i concorrenti da eliminare non sono quelli meno simpatici ma bensì quelli che hanno meno bisogno delle cure del programma, quelli che si ritengono essere guariti dalla sindrome da reality. Ovvero, il meccanismo dell'eliminazione è inverso rispetto alla norma, non va eliminato l'omino meno simpatico o quello che piace meno, ma piuttosto quello che ha meno bisogno di restare nel laboratorio e salvare coloro che devono invece essere sottoposti alle opportune cure. 

Tutto lo show è quindi impostato come un grande videogioco televisivo, dove non esistono concorrenti ma omini senza nome, dove se un omino viene eliminato o si assenta può essere sostituito da un omino picchio che condurrà il gioco per lui, dove gli omini guadagnano punti vita in ogni sfida e più il punteggio è alto più gli omini potranno meritarsi premi e accessori per le loro cabine nel laboratorio. Il pubblico/giocatore decide quali omini utilizzare nelle prove, decide quali oggetti fornire e quali personaggi eliminare. Questo è quindi lo spirito del programma, è qualcosa di nuovo e innovativo, uno show con un intento del genere ancora non si era visto in tv, le premesse ci sono tutte per rendere questo reality un videogame umano a tutti gli effetti. Ma l'originalità del progetto viene sminuita da un'impostazione televisiva classica, basata su una conduzione triste, mal assortita e asettica come il candore del laboratorio. La prima puntata è stata a dir poco soporifera, lo show sembrava una cattiva copia del compianto "Giochi senza frontiere", la coppia di conduttori era spaesata, la Brescia brava a mostrare le sue doti mnemoniche con la recitazione della scaletta e sempre pronta a ricordare che il programma "è il reality più estremo della tv", il Mago Forest appare evidentemente fuori luogo in un programma che non è il suo e nel quale semina a oltranza battutacce e battutine di cattivo gusto a sfondo erotico/sessuale. Per finire, una regia a dir poco pessima, disarticolata, penosa e vergognosa, ridicola nelle sue inquadrature nonsense nelle quali fanno capolino tecnici di ogni sorta, assistenti di studio e microfonisti che compaiono con i loro faccioni sfocati d'innanzi alle telecamere, microfoni aperti di personaggi fuori onda, RVM e collegamenti che non partono, stacchi pubblicitari ogni 10 minuti e altrettanti televoti che disorientano il pubblico e lo affaticano. Il risultato è quello di uno show già visto e rivisto che ricicla spettacoli e generi ma che al contempo nasconde uno spirito ed un'inventiva non sfruttati a dovere. Una delle poche note positive è la grafica del programma, fresca e colorata, e il motivo musicale della sigla, Human dei Killers, che fa sempre la sua bella figura.

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