lunedì 17 marzo 2014

Giass - Recensione

Pare che a questo mondo tutto sia utile ma niente è indispensabile, e quando ci si riferisce al mondo dello spettacolo dell'indispensabile spesso non ve n'è traccia alcuna. Vero è che stabilire aprioristicamente ciò che è indispensabile da ciò che non lo è risulta impresa assai ardua ed al limite del sofisma, ma è altresì evidente che spesso questo compito viene assai facilitato da taluni programmi, dinnanzi ai quali sorge spontanea una domanda: “perché?”. Domanda banale a prima vista ma incredibilmente densa di significato. Viene davvero da chiedersi a volte cosa si annidi nelle menti degli autori che partoriscono siffatte idee, da dove carpiscano l'ispirazione (se mai ve ne sia parvenza) oppure da chi o cosa vengono influenzati per la stesura di un copione.

È esattamente questo il caso di “Giass”, ovvero “Great Italian Association”, una sorta di esperimento esplorativo con il compito di scoprire quale fantomatica macroregione possiede i più significativi elementi d'italianità. Cosa poi sia questa italianità non è dato sapere. Resta il fatto che suddividere lo stivale in nord-centro-sud e riproporre per ciascuna macroregione gli stessi avvizziti luoghi comuni e le stesse stantie rievocazioni caricaturali altro non fa che permeare lo show di un non so che di già visto e rivisto, trito e ritrito in mille modi ed in ogni dove. Perciò, ritornando alla nostra seppur apparente puerile domanda, perché dico io ri-ri-riproporre tutto questo concentrato di aberranti idiozie che non fanno più ridere neanche i sassi? Perché dare in pasto agli italiani un programma che sembra non avere alcun altro obiettivo se non quello di causare indigestione al pubblico? Ma, soprattutto, era davvero necessario tutto ciò? La risposta è ovviamente un secco e deciso “no”, reso ancor più marcato dalla presenza di vecchi comici ormai in malora, prodotti avariati da Zelig o che provengono da quella discarica di comicità qual'è Colorado. Battute volgari, a sfondo sessuale, a tratti omofobe, venate di tristezza e lasciate crogiolare nell'ovvietà: i poveri comici – se così li vogliamo chiamare – non strapperebbero mezzo sorriso al pubblico in studio se non fosse per i diktat dell'assistente di studio che impone le risate forzate, coadiuvate da fastidiosissime risate registrate in sottofondo.

A quale scellerato autore è balzata per la mente questa insensata idea della riesumazione di comici non è dato sapere, ciò che più interessa è che l'autore principale del programma è un tale Antonio Ricci, perciò uno che di satira e di politicamente scorretto se ne intende. Se fino a qui il programma altro non è che una pessima fotocopia di altri ben più quotati, il tocco del “maestro” Ricci si nota nell'anima del programma, nella brezza che permea le battute dei conduttori Luca e Paolo, nell'intento volutamente maldestro di cercare le virtù degli italiani per poi rifilare al pubblico le peggior cose. Tutto ciò si capisce sin dalle tragiche categorie utili a snocciolare le presunte eccellenze del nostro bel paese: incontriamo così la categoria Grandissimi Froci che ripercorre alcuni fra i più grandi geni italiani della storia, subito cambiata da Luca in Gay Insigni, a suo dire più appropriato; vi è poi la categoria Stronze, che diviene subito Donne di Carattere per volere di Luca, che individua alcune donne d'oggi appunto stronze; ci imbattiamo quindi nella categoria Tengo (capo)famiglia, probabilmente la più stuzzicante di tutte, giacché altro non è che una carrellata di “figli e figlie di” che hanno fatto carriera grazie al benestare dei propri famigliari; parla da se invece la categoria Tettone che piace tanto a Paolo ma che Luca decide di cambiare in Maggiorate; altra categoria assolutamente scorretta è quella dei Cantautori morti nella quale ci casca dentro anche Memo Remigi (attualmente vivo); si finisce con uno sguardo alle generazioni future, individuate nelle web series rientranti nella categoria Saranno Sorrentini.

In sostanza, questo programma gioca sporco, ci fa credere di andare alla ricerca delle eccellenze italiche per poi rifilarci il meglio del peggio: trattasi di un'astuzia arguta che soltanto lo spettatore attento avrà potuto cogliere anche se a giudicare dai modesti dati d'ascolto della prima puntata (con lo share attorno all'11%) gli spettatori attenti sono stati assai pochi. Dello show si apprezza perciò la vena dissacrante, il politicamente scorretto, l'ironia che sfocia in sarcasmo e poi in volgarità, così come si apprezzano la caricatura grottesca della presidente – pardon, presidentessa- della Camera Laura Boldrini oppure la ricerca di Luca e Paolo dei più brutti monumenti contemporanei in giro per l'Italia. Il programma ha senza dubbio necessità di un ampio periodo di rodaggio per poterne apprezzare appieno la vera natura anche se, a giudicare dall'abominevole quantità di parolacce, forse una collocazione in seconda serata sarebbe stata più appropriata.