sabato 12 maggio 2012

Facebook: patologie digitali e categorie di utenti


Come ampiamente discusso nella premessa in relazione al concetto di patologia, verranno  di seguito presentati i diversi tipi di categorie di utenti e le loro caratteristiche:
- moralizzatori retorici: sono coloro che scrivono frasi ad effetto che si rivelano delle totali banalità ed ovvietà verso le quali è pressoché impossibile non essere d'accordo. Queste frasi spesso sfociano in immancabili e del tutto superflue “lezioni di vita”, dispensando consigli e aneddoti dalle velature melodrammatiche e lacrimevoli, esperienze di vita vissuta come fossero eventi unici capitati soltanto a loro quando invece sono semplici e ordinari avvenimenti che costellano le vite di ogni individuo. Tali soggetti si lanciano anche nella dichiarazione pubblica dei loro stati d'animo, comunicando ad esempio qualora fossero molto felici, oppure quando si sentono tristi e abbattuti, o ancora quando ostentano un forzato sarcasmo, come se tale condizione emotiva potesse in un certo qual modo colpire il lettore facendolo sentire disarmato d'innanzi al caratteraccio del soggetto.
Il risvolto psicologico mette in luce una evidente necessità di ricevere attenzioni ed i loro status sempliciotti dimostrano o una carenza d'affetto materiale oppure l'esigenza di essere lodati e ricoperti di premure dai loro seguaci virtuali. L'aspetto triste e al contempo bizzarro è che se lo status pubblicato non riceve un adeguato ed alto numero di “mi piace” esso verrà cancellato dalla bacheca del soggetto, corroborando così la tesi della disperata ricerca di attenzioni e anche del monitoraggio che il soggetto fa riguardo il proprio status: ovvero, una volta pubblicato, esso viene costantemente controllato per accertarsi di quante persone l'hanno letto ed eventualmente commentato.
Per es.: “Bisogna stare attenti a dare fiducia alle persone perché altrimenti rischi di ricevere delusioni”
È colpa mia se ho il coraggio di essere me stesso?”
L'amore è tanto bello ma può darti anche tanto dolore”
Un rapporto d'amicizia o d'amore dovrebbe essere sempre basato sulla sincerità, ma purtroppo non sempre è così”
Ogni scelta ha delle conseguenze e indietro non si torna”
Attenzione: non rompetemi le palle perché oggi mi girano!”
Evviva! Finalmente le cose cominciano ad andare per il verso giusto :-)”

- informatori istantanei: sono coloro i quali pescano notizie d'ultim'ora da internet o le apprendono da un qualsiasi altro mezzo di informazione per poi riportarle come loro status ma in modo incompleto, inducendo i lettori ad andarsi a leggere la notizia per intero. Tale comportamento consente a questi soggetti di essere visti come portatori unici di verità, come oracoli, come privilegiati che prima di chiunque altro possiedono le conoscenze su determinate notizie ancora scarsamente conosciute. Accade anche che questi soggetti si ritrovano sovente a commentare in tempo reale fatti ed avvenimenti che si verificano in particolar modo in televisione, come può essere un film od un programma molto conosciuto e nazionalpopolare: in tal caso, avviene una pubblicazione forsennata di status e commenti sull'evento che si sta verificando il quale risulta pressoché superfluo, sia dal punto di vista qualitativo dei commenti medesimi e sia per l'azione in se, poiché la critica e l'analisi di quei determinati eventi mediatici saranno fatte in seguito da esperti della materia in altri contesti ufficiali e non di certo su di un social network.
La cosa curiosa è che queste persone non necessariamente hanno la nomea di essere ben informate e neppure hanno la reputazione di essere molto acculturate. Spesso questo interesse istantaneo nel riportare notizie è dettato dall'implicazione mentale di ritenere di poter essere i primi a divulgare la notizia, ricavandone così una cospicua dose di attenzioni. Inoltre, non tutte le notizie vengono da essi riportate, bensì solo quelle che hanno più probabilità di divenire in breve molto popolari e facilmente accessibili e commentabili.


- pressapochisti semantici: sono coloro i quali, sulla stessa riga dei moralizzatori retorici, riportano status totalmente ovvi e scontati ma che ricevono una quantità inverosimile di “mi piace”. Per questi soggetti è sufficiente scrivere anche solo “ciao” per ricevere una mole di attenzioni del tutto ingiustificata, poiché il significato vuoto e scontato delle loro parole non ammetterebbe un simile consenso. Le frasi riportate appaiono talmente elementari, evidenti, lapalissiane e palesi da annullare così il reale senso semantico insito in esse. Non vi è alcuna spiegazione sensata dei 75 “mi piace” allo status “Oggi piove e mi sono dimenticato l'ombrello a casa. CHE SFIGA!”. Vista l'imbarazzante ovvietà della frase, essa non meriterebbe neppure d'essere considerata, ma l'abilità inferenziale di questi soggetti risiede proprio nella dichiarazione di frasi semplici che riportano avvenimenti talmente ordinari e probabilistici che è praticamente impossibile che almeno una persona fra i loro amici non sia mai stata vittima del medesimo evento.

- celebratori free-lance: sono coloro i quali colgono l'occasione di commemorare la dipartita di un personaggio famoso celebrandone le gesta e lodandone l'operato, proclamando le loro vestigia ed esaltandone la figura. Spesso tali persone non hanno mai davvero apprezzato i personaggi vittime dei loro encomi, a volte addirittura neppure ne conoscevano l'esistenza e pertanto questo loro comportamento dimostra tutta la loro pochezza conoscitiva sul defunto nonché una loro scarsa emotività d'innanzi a fatti del genere. La sola ragione sensata che spieghi questi slanci di prostrazione verso i vip deceduti risiede solo nella volontà di dimostrarsi informati e di essere al corrente dei fatti. La dimostrazione materiale della loro commiserazione fasulla la si ritrova in status al limite della mediocrità del tipo “riposerai per sempre nei nostri cuori” oppure “ora sei a cantare con gli angeli” (nel caso il defunto sia un cantante) o ancora “eri e rimarrai sempre un grande” e altre idiozie simili, spesso e volentieri accompagnando allo status un video pescato da YouTube, probabilmente il più banale e retorico che si potesse scegliere, nel quale il defunto dà prova di ciò per cui è diventato famoso: si tratta quindi della solita canzone, della solita battuta, del solito sketch, della solita performance, della solita dichiarazione etc.

- tronisti mancati: sono coloro i quali ostentano talora in modo piuttosto violento la loro evidente beltà propinando foto ritraenti i loro corpi pressoché ignudi o incantevoli primi piani palesemente photoshoppati. Questi personaggi si identificano nella versione maschile nel tipico bonazzo palestrato in slip al mare e nella versione femminile nella tipica stangona gnocca che si cimenta in atteggiamenti da zoccola mentre si struscia abbarbicata a un palo da lap dance in discoteca. Non di rado tali prototipi corrispondono a modelli/e reali o a ballerini/e reali così come si può trattare solamente di ragazzini e ragazzine particolarmente attraenti e seducenti; resta in ogni caso il fatto che questi soggetti provano gusto o piacere nel mostrarsi in situazioni non del tutto ordinarie nel modo più disinibito possibile e dimostrando al contempo naturalezza e disinvoltura. I rispettivi amici si sentiranno così indotti a lasciare immancabili commenti mielosi e diabetici su quanto sono belli/e e carini/e e di quanto vorrebbero essere in loro compagnia al mare o in discoteca. I soggetti, dal canto loro, si sentono chiaramente esaltati da così tante attenzioni e complimenti, talvolta montandosi la testa e traendo gusto e piacere dall'evidente invidia scaturita dal loro manipolo di fans. Tali soggetti sono assolutamente consapevoli della loro bellezza e dell'effetto che essa può indurre agli occhi degli altri e per questo motivo essi si aspettano numerosi e lodevoli commenti alle loro foto o ai loro status. L'aspettativa di un alto numero di attenzioni rinforza la loro autostima e li incoraggia a proseguire nella pubblicazione di nuove foto compromettenti.
Una particolare parentesi deve essere aperta sugli status di questi soggetti, poiché non è infrequente che essi si presentino scritti in modo grammaticalmente e sintatticamente corretto o che presentino commenti e pensieri tutto sommato sensati. Questo aspetto dimostra sia l'eccezione alla regola del “tutto corpo e niente cervello” e sia il duplice vantaggio di possedere un cervello funzionante accompagnato ad un corpo di tutto rispetto e tale aspetto da un lato amplifica l'attrazione nei riguardi dei fans che si ritrovano ad ammirare una persona bella e intelligente e dall'altro respinge coloro i quali vorrebbero mettere in pratica tattiche di abbordaggio sessuale ma che si sentono disarmati dal presunto acume perpetrato dai soggetti in questione.

- meta-utenti: sono coloro i quali, nonostante dimostrino un comportamento apparentemente normale, sono caratterizzati da atteggiamenti peculiari che li contraddistinguono solo in determinate circostanze. Tali comportamenti si riscontrano principalmente nel contenuto dei loro status. Possono essere individuate le seguenti categorie di meta-utenti:
- millantatori politici: sono coloro i quali non perdono occasione per commentare ogni tipo di avvenimento con un retrogusto politico, inneggiando o maledicendo il governo in carica o determinati ideali di un certo partito o movimento politico. Per questi utenti, tutto è spiegabile politicamente e qualsivoglia fatto possiede un risvolto dalle venature politico/amministrative. Spesso e volentieri si fanno portavoce del loro partito di riferimento pur non facendone parte o si lanciano in virtuosi aneddoti stucchevoli nei quali è insita la risposta e il rimedio a qualsivoglia problema sociale.
- gitanti tempestivi: sono coloro i quali ci tengono a divulgare con estrema solerzia e precisione i luoghi nei quali si trovano e in compagnia di chi, spesso accompagnando l'informazione da un immancabile commento utile a far capire al lettore il motivo della permanenza in quel luogo. Questi utenti provano un evidente piacere ad informare gli amici su tutti i luoghi da loro visitati con grande scrupolosità e tempestività, a volte arrivando persino ad indicare luoghi del tutto superflui come ad esempio “casa mia” oppure “a letto” oppure “presso Autostrada A13” etc. L'informazione sul luogo in cui ci si trova procura un certo grado di autostima da parte di questi soggetti i quali si possono sentire esaltati o compiaciuti dal comunicare il tipo di luogo in cui si trovano, soprattutto qualora il luogo si riveli particolarmente popolare o alla moda: in tal caso, all'informazione relativa al luogo di permanenza corrisponderà un'alta quantità di “mi piace” e di commenti lasciati dagli amici.
Della medesima categoria fanno parte i cosiddetti fotografi tempestivi i quali, anziché tenere aggiornati gli amici suoi luoghi visitati, pubblicano con assiduità delle fotografie ritraenti situazioni curiose o particolari, pubblicando lo scatto presumibilmente un attimo dopo il reale avvenimento dello stesso.
- neoilluministi: sono coloro i quali ostentano un comportamento scettico e diffidente per tutto ciò che riguarda l'emotività e la sensibilità, in particolare sull'amore e sulla fede. Immancabili sono i loro pragmatici commenti sull'inesistenza del vero amore e sulla caducità dei sentimenti in generale, così come sono frequenti le loro dichiarazioni sull'infondatezza dell'esistenza di Dio o di qualsivoglia forma o entità superiore all'uomo. Questi soggetti si dimostrano realisti, eccessivamente concreti, disillusi da tutto ciò che non è spiegabile razionalmente o scientificamente. Credono fermamente invece nei valori concreti derivati dalla compagnia dei propri amici, dai benefici ottenibili dal denaro (numerosi sono i post che narrano delle loro scorribande nei più disparati negozi per uno shopping sfrenato), così come esaltano il piacere che può infondere lo sport o qualsiasi altro tipo di attività ludica.
- promotori gaudenti: sono coloro i quali dedicano buona parte dei loro status e dei loro post ad ogni tipo di serata nei locali più disparati, senza necessariamente lavorarvi. Essi utilizzano il proprio profilo essenzialmente per condurre un'attività pubblicitaria inerente alla serata festaiola prossima ventura al fine di poter attirare potenziali avventori e più clienti possibili, mettendo in atto le abituali strategie di marketing utili a vendere al meglio un determinato prodotto. Le attività di promozione inscenate da questi soggetti sono in gran parte rivolte alle serate discotecare e solo in minima parte ad altri tipi di locali. Il giorno successivo, questi soggetti si dilettano nella stesura di post nei quali danno prova di tutto il divertimento di cui hanno goduto loro stessi e tutti i partecipanti all'evento, talvolta corredando tutto ciò da tragiche foto ricordo della serata.
Di questa categoria possiamo addirittura individuare altre due sotto-categorie: vi sono gli smemorati artefatti, ovvero coloro che il giorno successivo all'evento trasgressivo danno prova della totale disinibizione che li ha travolti, e che ha causato loro gravi danni alla memoria a breve e a lungo termine, facendo finta di non ricordare ciò che è successo o postando degli status volutamente dislessici per attestare i presunti danni causati dall'alcool; possiamo poi individuare gli invasati fotografici, ovvero coloro che durante la serata o durante l'evento non perdono occasione per farsi fotografare assieme ai propri amici oppure mentre danno spettacolo della loro goliardia durante il ballo o mentre sorseggiano sornioni tre o quattro drink contemporaneamente. Tali soggetti si premurano il giorno successivo l'evento di sostituire la propria foto profilo con una delle fotografie della serata passata, possibilmente quella in cui si è venuti meglio oppure quella in cui si è in compagnia di un/a amico/a particolarmente carino/a o ancora meglio se in compagnia di un/a ballerino/a.
- intellettuali fortuiti: sono coloro i quali si ritrovano sovente a scrivere status dove dispensano presunta saggezza, arguta avvedutezza, acuto buonsenso e plausibile oculatezza su qualsivoglia argomento, anche se spesso si ritrovano a rilasciare dichiarazioni su accadimenti del tutto futili ed ordinari. Questi soggetti si cimentano anche nel procurarsi aneddoti, massime, aforismi e motti di personaggi illustri di qualunque campo della cultura, mostrando così un'ostentata esibizione della loro presunta e discutibile sapienza. A dimostrazione del loro sapere tali soggetti hanno l'accortezza di scrivere i loro status in modo grammaticalmente corretto, senza commettere errori di nessun tipo, rispettando la punteggiatura e mettendo addirittura le maiuscole.
- profili olografici: sono coloro i quali, nonostante possiedano un profilo personale, non danno alcun segno di vita, testimoniato dall'assenza di post o di commenti e, in alcuni casi, senza comparire mai online. Questi profili sono presenti ma è come se non lo fossero, simboleggiano una sorta di ombra, di rappresentazione fittizia di un'entità che sembra esserci solo in apparenza. Tuttavia, essi possiedono un numero di amici spesso molto elevato, segno che, in fin dei conti, possiedono una minima attività, benché impercettibile. Spesso fanno parte della medesima categoria anche i cosiddetti profili falsi, ovvero profili palesemente fasulli e riconoscibili per via di fotografie che teoricamente dovrebbero raffigurare il proprietario del profilo ma che in pratica si rivelano immagini ritraenti o personaggi famosi oppure modelli e modelle. Sovente l'attività di questi profili si attesta a zero, come nel caso dei profili olografici, oppure si limita ad una minima ed indispensabile partecipazione.

Facebook: patologie digitali e categorie di utenti - Premessa


Vivendo in un'epoca pervasa da un sempre più dilagante e contagioso dominio digitale, diviene normale per non dire fondamentale la necessità di individuare concretamente il confine che separa la cosiddetta realtà fisica (o materiale) dalla nuova realtà virtuale, entrambe afferenti ai rispettivi universi: la prima legata al mondo fruibile direttamente da ogni individuo ed eventualmente in parte modificabile dalle proprie azioni concrete, la seconda relativa al mondo digitale della rete, divenuta ormai popolare e fondamentale sia per i diversi metodi di comunicazione da essa offerti e sia per i nuovi rapporti sociali che grazie ad essa si sono venuti a creare.A tal proposito diviene allora essenziale distinguere ciò che è reale da ciò che, ipoteticamente, non lo è. Siccome il significato di “realtà” è un concetto piuttosto fuggevole ed estremamente soggettivo, poiché ogni individuo lo interpreta a modo proprio e gli assegna un determinato valore sulla base delle proprie emozioni ed esperienze quotidiane, risulta quindi difficoltoso stabilire univocamente ciò che si ritiene essere reale in senso universalistico o gnoseologico. A fronte di questa difficoltà, possiamo allora tracciare un profilo chiaro ma al contempo opinabile di realtà: possiamo definire la realtà come la condizione grazie alla quale è possibile qualsivoglia forma di esistenza di un qualsiasi tipo di stimolo, materiale o immateriale.
Se prendiamo come ammissibile tale dichiarazione, ci è possibile ritenere reale anche (e soprattutto) ciò che è immateriale e non direttamente accessibile: del resto, tale processo inferenziale lo mettiamo quotidianamente in pratica ogni qualvolta siamo difronte ai personaggi narrati in un romanzo, oppure quando assistiamo alla trama di un film, o ancora quando ci cimentiamo nell'azione di un videogioco etc. Tutte queste situazioni, seppur non direttamente accessibili, non risultano meno vere (e quindi meno reali) di ciò che invece possiamo fisicamente toccare o sentire. Se ci rifiutassimo di assegnare un valore anche minimo di veridicità alla trama di un romanzo, non saremmo neppure capaci di sfogliare le pagine di un libro, così come saremmo restii a prendere per vera l'azione di un videogioco e così via. Ma è proprio in questa assegnazione di valore che risiede la nostra capacità di prendere per vero anche ciò che non possiamo fisicamente raggiungere e tale aspetto si è reso ancora più critico con l'imporsi della rete, ovvero di un mondo parallelo che non possiamo raggiungere e neppure individuare precisamente. Ci è possibile però distinguere dalla realtà virtuale ciò che è la sua infrastruttura tecnologica, ovvero l'insieme delle sue componenti tecniche, materiali e processuali che, effettivamente, ne garantiscono l'esistenza e il sostentamento.
Ma al di fuori di questa prospettiva più che concreta, il mondo virtuale della rete è rappresentato da un luogo vero e proprio, anzi da un non-luogo, ovvero un ambiente nel quale mancano le due componenti spazio-temporali necessarie al riconoscimento di un qualsiasi tipo di luogo. Infatti nella rete è assente:
  • lo spazio, poiché essa è priva di confini ben delimitabili, anzi ne è totalmente sprovvista. Non ci è possibile quindi stabilire dove essa cominci e dove finisce, quanto è estesa o profonda, così come non ci è possibile stabilire cosa vi sia oltre la rete, ammesso che vi sia effettivamente qualcosa;
  • il tempo, poiché nella rete non vi è una vera e propria scansione frattale degli istanti temporali, non è possibile riconoscere la successione dei momenti in cui è abitualmente suddivisa la realtà fisica nella forma degli anni, dei giorni e delle ore. Nella rete non vi è un futuro, giacché non risulta sensato procrastinare decisioni o azioni in un tempo altro, così come non è individuabile un passato, dato che ciò che è stato precedentemente archiviato può essere riportato alla luce, divenendo così ancora attuale. La rete è quindi permeata da un generico presente.
Alla luce di quanto detto finora, ovvero della mancanza di accessibilità diretta e dell'inesistenza del fattore spazio-temporale, diviene cruciale stabilire un metodo di accesso alla rete, ovvero della potenzialità da parte di un individuo di essere in grado di fruire dei servizi offerti dalla rete. È stato allora necessario dare vita ad una proiezione dell'uomo all'interno di essa, individuabile dapprima nei cosiddetti indirizzi e-mail, corrispondenti a dei veri e propri recapiti dotati di indirizzo e nominativo del mittente/possessore, e successivamente riscontrabile nei profili, che a tutt'oggi sono la versione più completa e più vicina possibile a quella dell'individuo in carne ed ossa.
Il profilo possiede un nome, tecnicamente corrispondente a quello reale del suo possessore, così come possiede una fotografia che ne raffigura il volto, ed è anche dotato di una serie di informazioni utili ad individuare e riconoscere i gusti e le attività personali di quel profilo, rendendolo perciò unico ed inimitabile al pari di ogni singolo individuo nella realtà fisica.
All'interno della rete i profili si incontrano e si scambiano informazioni al pari di quello che accade nel mondo materiale, e tali rapporti sociali si consumano nelle piazze o arene digitali, dei veri e propri luoghi di incontro e di socializzazione dove gli individui/profili si incontrano ed intrattengono rapporti conoscitivi. Queste piazze digitali possono corrispondere sia con i celeberrimi siti d'incontri, ovvero servizi utili alla ricerca di un determinato partner, oppure, più di recente, sono meglio identificabili con i famosi social network, che meglio adempiono nell'immaginario collettivo all'idea di luogo virtuale.
Parlando di rapporti sociali digitali, i profili danno vita a veri e propri comportamenti ed atteggiamenti assimilabili a quelli della realtà fisica e proprio per questo altrettanto riconoscibili, individuabili e, perché no, studiabili.
In questa sede, ho preso in prestito il termine di patologia per indicare i diversi tipi di rapporti sociali intrapresi dai profili nella rete. A tal proposito, ci tengo a sottolineare che il termine patologia non è da intendersi come malattia o infermità, ma piuttosto come insieme di condizioni anomale le quali si rivelano peculiari e totalmente distinguibili le une dalle altre e che, al pari della realtà fisica, possono portare a volte a comportamenti devianti o non conformi al senso comune. Ma, trattandosi di realtà virtuale, essa si discosta in parte dalla realtà fisica poiché possiede regole e leggi del tutto proprie.
Osservando l'utilizzo che gli individui fanno di Facebook, il social network indubbiamente più famoso e più interessante sotto il profilo sociologico, ho potuto riscontrare diversi comportamenti anomali o patologici che si vengono a creare piuttosto di frequente. Tali patologie afferiscono solo e soltanto alle arene digitali, niente e nessuno ci può dare la conferma dei medesimi comportamenti anche nella realtà fisica: un individuo A può dare prova di un comportamento x all'interno della realtà virtuale, così come può dare prova di un comportamento y al di fuori di essa. Lo stesso ragionamento vale per il caso contrario, ovvero quando vi può essere una corrispondenza del comportamento di A sia nella realtà fisica che in quella virtuale. Siccome il nostro discorso si consuma soltanto sul piano virtuale, dobbiamo necessariamente discostarci dall'ordinario e prendere per ordinario o, ancora meglio, come ammissibili e probabili fatti e accadimenti esclusivi del mondo virtuale. È del tutto normale, quindi, se un profilo visibile come “connesso” non risponde ad una comunicazione tramite chat, mentre la stessa cosa non può essere considerata ammissibile in una comunicazione faccia a faccia, nella quale una non risposta alla domanda di uno degli interlocutori facenti parte alla conversazione viene giustamente vista come anormale.
Principalmente, l'uso e il ricorso che gli utenti fanno di Facebook si attesta ad un'unica attività: la ricerca di una sempre maggiore ed ampia visibilità. Essa la si raggiunge essenzialmente tramite un'alta quantità di “amici” perseguibile sia da una massiccia mole di richieste d'amicizia pervenute ad un profilo oppure inviate dal profilo stesso ad una quantità indefinita di altri profili. Se tali richieste di amicizia vengono accettate (e spesso si presume che ciò accada) un profilo potrà così annoverare un alto numero di contatti, tutti potenziali seguaci delle diverse attività intraprese dal profilo stesso, le quali si traducono nella stesura di status (o post), ovvero di commenti ed idee personali sulla propria bacheca, oppure nel commento di post altrui, oppure nell'assegnazione dei “mi piace” ad altrettanti commenti o post degli amici. Le medesime attività si riscontrano anche da parte di tutti gli altri profili. Quanto più un'attività sarà commentata in ogni forma, tanto più ciò rivela un'assidua e costante attenzione alle azioni virtuali di un determinato profilo. La ricerca di visibilità, quindi, si riscontra proprio nella capacità di un dato utente di saper pubblicare e postare elementi che ritiene potranno essere interessanti e quindi molto seguiti dai rispettivi amici e, come abbiamo detto, la popolarità di un'azione, e conseguentemente del suo contenuto, la si riscontra nella quantità di attenzioni ad essa rivolte. Va sottolineato che la metodologia sulla quale è sorretto il sistema comunicativo di Facebook non consente l'espressione di disapprovazione diretta da parte di un utente il quale, per manifestare ciò, è in ogni caso costretto a lasciare un commento ad un'attività che giudica non condivisibile: l'attività medesima, anche se correlata da commenti negativi, avrà comunque ricevuto un'alta dose di attenzioni, che non è nient'altro che l'obiettivo principale di ogni profilo. Anche in questo senso, quindi, un utente avrà raggiunto il proprio scopo, indipendentemente dalla positività o negatività dei commenti degli amici.
La ricerca di visibilità porta con se due inevitabili considerazioni:
  • essa rappresenta l'unico modo che gli utenti hanno per dare una prova effettiva della loro esistenza sul social network, quindi essa si rivela essenziale per la permanenza di un profilo all'interno di un'arena digitale. Alla luce di ciò, indipendentemente dalla quantità di amici, una qualsiasi attività di un utente potrà dirsi seguita qualora riceva anche un solo commento od un solo “mi piace”. In caso contrario, ovvero qualora l'attività non venisse in alcun modo commentata, si dà per scontato che essa non sia stata letta da nessuno, quindi è come se l'utente si fosse rivolto al vento: niente e nessuno può dirci infatti se l'attività priva di commenti sia stata effettivamente trascurata perché non vista, oppure se essa sia stata deliberatamente ignorata di sana pianta da chicchessia. Fatto sta che essa non ha ricevuto commenti e quindi per il proprietario del profilo sta a significare che nessuno l'ha considerata, vanificando così le sue azioni nell'arena digitale utili a testimoniare la sua esistenza. È quindi importante che l'attività di un profilo venga presa in considerazione, senza porre limiti o problemi alla quantità delle attenzioni ricevute;
  • essa può assumere connotati preoccupanti qualora il profilo fosse costantemente alla ricerca di un'alta visibilità, la quale è preferibile che sia di più ampio gradimento e consenso possibile. Per fare ciò, un utente possiede solo una strada, ovverosia quella di pubblicare status e post con un contenuto alquanto discutibile per via del loro significato di qualità mediocre o scarso, ma che riceveranno (o avranno più probabilità di ricevere) una mole esorbitante di commenti e di “mi piace”, il tutto al solo scopo di andare ben al di la della semplice visibilità minima utile a garantire la permanenza di un profilo all'interno di un social network. Questa continua ricerca di ampi consensi rischia di tramutarsi in ossessione qualora le attività dell'utente degenerano in azioni degradanti o al limite del ridicolo ed in casi come questi l'unica spiegazione a livello psicologico che possa giustificare un simile atteggiamento risiede o nella carenza di attenzioni nell'ambito della realtà fisica del soggetto (quindi, in parole povere, nell'assenza di attenzioni nella sua vita di tutti i giorni) oppure testimoniano una scarsa o mancata dose di affetto ricevuta e/o percepita. In casi come questi, si ritiene che il soggetto compensi questi deficit tramite il raggiungimento di soddisfazioni virtuali che aumentino la loro autostima e rinfranchino i loro animi. È altresì vero che tali soggetti si possono ridurre alla pubblicazione di questi scarsi contenuti al solo fine di divenire popolari, ricevere elogi e/o complimenti per rinforzare così la loro presunta consapevolezza e certezza di essere in un qualche modo superiori alla massa, di avere una marcia in più e proprio un alto numero di adesioni e consensi agli elementi da loro pubblicati testimonia questa vocazione.
È proprio grazie a questo secondo punto di vista che ho potuto stilare le 6 categorie di profili che danno prova di comportamenti patologici, nell'accezione del termine indicata sopra. Ci tengo altresì a ricordare che questi comportamenti patologici possono non essere ritenuti tali qualora il reale comportamento di un soggetto assomigli del tutto o in parte a quello del rispettivo profilo; ma, siccome questa corrispondenza non può in alcun modo essere provata (così come è stato detto poco sopra a proposito del soggetto A e del suo comportamento x/y), non ci resta che considerare come necessariamente patologici tutti i comportamenti di seguito descritti. Qualora vi sarà la possibilità concreta di determinare una somiglianza, per non dire una coincidenza, fra un comportamento fisico ed uno virtuale allora verrà meno la definizione di “patologie digitali”.
Resta da affrontare l'ultima questione, ovvero il motivo per il quale si è reso necessario stilare una lista di categorie ritenute patologiche nella rete. Alla luce di ciò, la sola spiegazione che riesco a fornire è quella relativa ad una difformità di atteggiamenti da una sorta di normalità ma, come si può facilmente intuire, la definizione di cosa è normale è simile a quella che abbiamo dato all'inizio, ovvero di cosa è reale: va da se che la normalità è un fattore del tutto soggettivo e quindi difficilmente delimitabile all'interno di definizioni rigide ed immutabili. Possiamo allora giungere alla conclusione che è normale ciò che risulta ordinario, ripetitivo o, più semplicemente, consueto e che, al tempo stesso, ha la facoltà di mutare nel tempo. Del resto, la storia dell'uomo ce lo insegna chiaramente: noi tutti siamo oggi convinti di vivere in un'epoca “normale”, gli stessi abitanti del Medioevo ritenevano normale la propria esistenza così come è accaduto per tutte le altre epoche storiche. Ma, come sappiamo, tutte quelle normalità si sono venute a modificare nel tempo, con il risultato che la normalità precedente è stata sostituita dalla normalità successiva. Esulando da questo concetto probabilmente troppo generico ed universale, possiamo quotidianamente riconoscere la consuetudine da ciò che invece è insolito, inatteso, anormale, ma non per questo del tutto negativo.
Le patologie, identificate in una serie di categorie, rappresentano proprio la non consuetudine di taluni tipi di comportamenti in ambito digitale, alcuni peculiari, altri curiosi, ma nessuno di essi totalmente deviante o compromettente a livello sintomatico o neurologico (insomma, nessuna categoria si riferisce a soggetti malati o pazzi!). Quindi, l'ideale per un'ipotetica eliminazione di queste categorie sarebbe il riconoscimento di un frammento di ciascuna di esse in ogni singolo profilo, ma è facile riconoscere la non ammissibilità di questa prospettiva.
In relazione alla creazione delle categorie, è semplice avanzare la critica di un'eccessiva rigidità delle stesse, soprattutto in ambito terminologico, poiché nessuna di esse ha la pretesa di rivelarsi indubbiamente vera o assolutamente valida. Ci tengo poi ad evidenziare, non tanto in mia difesa, quanto l'attività di categorizzazione sia insita nell'essere umano e noi tutti non facciamo altro che creare, modificare ed eliminare categorie quotidianamente ed in relazione a qualsiasi stimolo: ci è sufficiente cogliere una caratteristica di un soggetto per collocarlo, ad esempio, in una determinata categoria sociale, oppure ci basta riconoscere un certo tipo di animale per individuarne la razza, così come sappiamo riconoscere dalle pagine di un libro a quale genere letterario esso si riferisce. In definitiva, l'attività di categorizzazione è alla base del comportamento umano.
Alla luce di quanto detto finora, ci tengo a sottolineare che i tipi di categorie da me riportate non sono presenti allo stato puro, ovvero nessuna categoria è unica in sé: caratteristiche della categoria A possono essere individuate nella categoria B così come caratteristiche della categoria C possono trovarsi nella categoria B ma non nella categoria A e così via. Le categorie sono quindi interconnesse fra di loro ed è pressoché impossibile non ritrovarsi almeno in minima parte in una di esse.


Qui il seguito del post nel quale si presentano le suddette categorie.

martedì 1 maggio 2012

Scherzi a parte varietà - Recensione



Reduci dalle due fortunate edizioni sanremesi e dopo avere scontato una lunga e ripetitiva gavetta nei panni di Iene, a Luca Bizzarri e a Paolo Kessisoglu viene affidato l'arduo compito di riesumare il noto e ormai stantio "Scherzi a parte", celeberrimo programma di scherzi e marachelle ai danni dei vips, il quale può a buon diritto rappresentare uno dei programmi di punta delle reti Mediaset.

Ebbene, come detto il problema dello show era l'ormai evidente routine testimoniata da una sequela di edizioni pressoché tutte eguali che non hanno fatto altro che condurre lo spettacolo ad un inesorabile declino, testimoniato invero dal calo di ascolti dell'edizione del 2009. Da allora l'amato "Scherzi a parte" è stato cancellato dai palinsesti di Canale 5 subendo così un periodo di stagnazione, sino a quando alla signora Ruffini viene l'idea di riesumare il noto spettacolo affidandone la conduzione a quei buontemponi di Luca e Paolo, che tante soddisfazioni hanno portato a casa Mediaset.

La versione di Luca e Paolo di "Scherzi a parte" gode di una principale novità, che trasforma totalmente l'ormai nota impostazione del programma, ovvero quella di trasformarlo in un varietà. Impresa non facile, proprio in virtù della difficoltà nel maneggiare un genere televisivo come quello in questione il quale, come si intuisce dal nome, incorpora al suo interno eterogenei stili televisivi e pertanto la conduzione non deve essere da meno: un varietà presentato da un conduttore inesperto e impreparato è uno degli errori più gravi che l'umanità possa sopportare, diviene qualcosa di inguardabile ed inascoltabile. Ma, incredibilmente, non è questo il caso di Luca e Paolo i quali, come sempre, si rivelano all'altezza del ruolo a loro affidato e trasudano sicurezza sul palcoscenico, dando prova (o rassicurazione) al pubblico di essere i Luca e Paolo di sempre, irriverenti e senza peli sulla lingua. Vi è però un problema di fondo, forse trascurabile ma neanche troppo: la comicità irriverente e godereccia della coppia è tollerabile, ma fino ad un certo punto. Ovvero, detta in altre parole, non è possibile starsene per due ore davanti alla tv a sorbirsi i monologhi di Luca e Paolo, al pubblico serve anche altro, vi è necessità di un conduttore che non abbia la pretesa di intrattenere il pubblico solo a suon di battute, bisogna essere in grado di saper riempire i buchi o i momenti di noia con altro. Ecco allora che dalla comicità dei due genovesi si passa a grotteschi siparietti dove viene inscenato un game show d'altri tempi che odora di naftalina, dove la sola cosa che affiora dalla memoria sono i tanti ricordi legati a programmi che non ci sono più, come il "Gioco delle coppie" o "La ruota della fortuna". Siamo quindi difronte ad un riciclo televisivo perpetuo, dove per riempire due ore di trasmissione si è costretti a riesumare vecchi e stantii format dei quali non interessa più a nessuno.

Ma l'anima di "Scherzi a parte" com'è ben noto risiede negli scherzi fatti ai vip, ed ecco quindi che prontamente Luca e Paolo presentano gli attesi nuovi scherzi con un lancio "alla Sanremo". Ma anche qui c'è una falla nel programma: gli scherzi presentati appaiono totalmente slegati dal resto della trasmissione, come se non centrassero nulla con i contenuti dello show. Questo è forse l'aspetto più grave che fa traballare tutta la pericolante impalcatura posticcia sulla quale è retto questo varietà. 

Per quanto riguarda la qualità degli scherzi i livelli sono notevolmente peggiorati e vengono propinati ai telespettatori gag e messinscena che sanno di già visto, mentre altri sono delle vere chicche. In merito alla presunta veridicità degli scherzi, la questione è vecchia tanto quanto il programma. Possiamo così riassumere il discorso per fare chiarezza (nel caso ve ne fosse bisogno):
  • vi sono vip ai quali viene chiaramente detto di essere vittime dello scherzo prima che le riprese abbiano inizio, chiedendo loro di assumere comportamenti e reazioni più naturali possibili. Questi sono di solito personaggi molto conosciuti i quali se non fossero al corrente dello scherzo, una volta scoperto potrebbero o non firmare la liberatoria per la messa in onda dello stesso oppure dare luogo ad una gargantuesca causa legale nei confronti della rete;
  • vi sono poi vip ai quali viene solo accennato che potrebbe succedere loro qualche evento inaspettato o fuori dal comune, sempre per i motivi legali o di messa in onda di prima. Anche per loro vale la richiesta di cercare di essere più naturali possibile, anche se in alcuni casi le loro reazioni saranno pressoché credibili e spontanee;
  • infine, vi sono le vere e proprie vittime degli scherzi, coloro che sono all'insaputa di tutto e che daranno prova delle loro reali reazioni ed emozioni. Si tratta in questo caso di personaggi poco celebri e scarsamente conosciuti i quali, anche se vengono ridicolizzati dallo scherzo, godono comunque di un certo riscontro di popolarità da parte del pubblico e questo non può che giovare loro.
Spetta chiaramente al telespettatore saper riconoscere quali scherzi sono presumibilmente veri e quali invece sono delle totali ed evidenti montature.

L'unica e piacevole nota positiva del programma è rappresentata dal celebre motivo musicale di "Scherzi a parte", il quale ha notevolmente contribuito a rendere il programma noto e riconoscibile al grande pubblico. Ebbene, il suddetto motivo musicale è stato riarrangiato ed eseguito in modo strumentale, donando allo show quel tocco di varietà in più che davvero gli mancava. 
In definitiva, il giudizio complessivo sul programma è sostanzialmente mediocre.

giovedì 8 marzo 2012

G'Day - Recensione





Parliamo ora di "G'Day", il preserale condotto da Geppi Cucciari in onda su La7. Il simpatico G'Day è nato un po' in sordina poco più di un anno fa, quando La7 era vista come l'ultima spiaggia da parte di tutti quei conduttori rimasti orfani di un contratto multimilionario che garantisse loro l'adeguata fama e visibilità. L'idea del programma è quella di un piccolo contenitore tascabile d'attualità condita con un pizzico d'ironia: la breve scaletta in stile Brunetta prevede una "grandomanda", ovvero un quesito su un particolare fatto del giorno, la quale funge da filo conduttore di tutta la puntata. A fare da spalla alla conduttrice si trova l'insipido giornalista di sinistra barbuto Matteo Bordone, il quale se un giorno venisse sostituito da un manichino per i crash test nessuno se ne accorgerebbe. 
Bene, questo programma possiede due problemi direi molto gravi:

  1. la conduttrice non si fa capire quando parla, sia perché il suo vigoroso accento sardo di certo non aiuta l'udito e sia perché ella si mangia le parole a causa della furia impetuosa con la quale disquisisce;
  2. il programma è fin troppo breve (dura soltanto mezz'ora) per poter contenere tutte le idee simpatiche e carine che condiscono la trasmissione e che fuoriescono dalle brillanti menti sottopagate de La7.
Se per il primo problema l'unica soluzione è prendere lezioni di dizione o rivolgersi a un audace logopedista, ma che non sembra interessare la conduttrice, per il secondo grattacapo la soluzione è solo una: allungare il programma al fine di poter contenere tutto ciò che è contenibile. Allo stato di fatto, il programma brilla d'inventiva, di idee  sagaci e di battute fulminee nonché fulminanti da parte della conduttrice; l'aria che si respira è pregna di ironia, l'ilarità dilaga rubiconda, la flebile satira aleggia furtiva: insomma, lo spirito e l'ambientazione di un programma d'attualità a sfondo satirico ci sono eccome e sono il punto forte del programma, insieme alle strampalate quanto sorprendenti ed agghiaccianti rubriche con protagoniste le persone della strada disposte a dichiarare talvolta l'indicibile. Il tutto però viene a complicarsi e ad intasarsi a causa della routine frenetica e della smania che inducono la simpatica Geppi a fare tutto di fretta, spesso arrivando addirittura a trascurare l'ospite nel frigo e a dedicargli solo un paio di battute; sovente capita di saltare intere rubriche, come quella delle surreali telefonate in diretta da parte del pubblico, oppure a quiz e giochi troncati prima del dovuto a causa della scarsità di tempo a disposizione. Troppa fretta, troppa confusione, troppo delirio, G'Day dovrebbe essere visto in modalità moviola, dovrebbe essere condotto con più calma e soprattutto con meno voglia di fare, in particolar modo quando il tempo è poco e non è possibile fare tutto ciò che si vorrebbe. 
In ogni caso, il programma arranca e funziona, la conduttrice è una spumeggiante donna dalla battuta sempre pronta che evidentemente piace molto al pubblico, grazie anche ai suoi modi garbati e al suo non essere volgare.

Ma poi, finalmente, arriva il momento della rivincita e il direttore di rete si rende conto che G'Day necessita di essere allungato un pochino, per permettere di dare un po' di respiro sia agli autori e sia al pubblico che lo segue da casa. Vengono così accreditati quasi 30 minuti in più ai 30 precedenti, permettendo alla piccola creatura de La7 di crescere e diventare un discreto programmino da traino al Tg La7, escluse le volte in cui Mentana decide di fare uno speciale interrompendo la programmazione della rete per almeno 48 ore.
Sorge quindi il dilemma di come poter impiegare abilmente quei nuovi 30 minuti, che dovrebbero essere centellinati secondo per secondo viste le idee originali dimostrate sino a questo momento dagli autori. Ebbene, la sola idea astuta che è affiorata dalle loro menti è stata quella di affidare un collegamento esterno a nientepopòdimenoche Michele Cucuzza, che per anni ha spedito inviati a casa dei vips e dei non vips e ora si ritrova lui a fare l'inviato nelle dimore di emeriti sconosciuti. L'idea in se non è male, anzi è fonte di continue battute di Geppi in merito all'arredamento delle case in cui il Cucuzza fa l'inviato, il problema è che questi nuovi collegamenti durano eccessivamente poco, quindi perdono d'utilità, senza contare il fatto che i membri delle famiglie collegate fungono solo da ricettori passivi delle battute di Geppi, senza poter intervenire o contribuire in modo davvero utile.
Un altro sagace stratagemma estrapolato dalla mente degli autori è stato quello di inscenare delle sottospecie di finte maratone di solidarietà totalmente insensate ed affidate ad un inviato esterno, di solito il simpatico Alessandro Di Sarno, il quale tenta in tutti i modi di coinvolgere più persone possibili alla causa fasulla mandata avanti dal programma. Anche per questa seconda idea valgono le osservazioni fatte precedentemente, anche se, bisogna ammetterlo, spesso gli inviati sono davvero divertenti e il collegamento appare in un certo senso utile allo spirito godereccio del programma.
Per il resto, la trasmissione presenta i medesimi contenuti della versione ridotta precedente, le uniche novità di scaletta sono rappresentate dall'accorciamento del tempo di risposta tramite televoto per esprimersi sulla "grandomanda" e dallo spostamento all'ultimo minuto di messa in onda della rubrica portante dello show, ovvero "I vostri titoli", poi di nuovo spostata all'inizio del programma. A parte ciò, possiamo dire che lo show è in un certo senso peggiorato e non poco, anche se in questioni puramente tecniche che probabilmente il pubblico non coglie immediatamente o a cui non presta proprio attenzione, a cominciare da uno degli elementi salienti della scenografia, ovvero il celeberrimo frigo rosso nel quale era rinchiuso l'ospite, ora trasformato in una sottospecie di loculo rosso casereccio che fa il verso alle toilette componibili dei cantieri edili. E' stato così imbruttito un elemento tipico del programma: dove prima l'ospite era rinchiuso in un frigo e virtualmente inaccessibile,  ora l'ospite si è materializzato in carne e ossa all'interno di un non-frigo, per altro in parte coperto al pubblico da due ante incredibilmente grandi. Le medesime e giganti ante coprono addirittura la conduttrice quando deve munirsi di biglietti e cartoncini vari posti a lato del frigo/loculo. Anche uno scenografo da quattro soldi sa che l'errore grossolano di rendere invisibile il conduttore a causa di elementi di scena scadenti non si deve proprio fare, così come non si deve commettere l'errore di riempire uno studio piccolo di troppe telecamere le quali devono inquadrare troppe parti del medesimo studio del quale è stato occupato ogni piccolo e misero spazio pur di riempirlo oltre il consentito. La conduttrice stessa non nasconde l'impasse causata dallo smarrimento indotto dalle troppe inquadrature, per non parlare di assistenti di studio che sbraitano indicazioni su come proseguire nella scaletta i quali non si preoccupano affatto di non essere sentiti. Per finire, qualcuno dovrebbe informare il povero Matteo Bordone che quando parla ha una telecamera che lo inquadra per bene, quindi non è buona educazione nonché cattivo comportamento quello di parlare rivolgendo lo sguardo fuori dall'inquadratura, guardando chissà cosa. Bisogna guardare la camera, quella con la lucina rossa accesa, non altrove, ok Matteo? Dai che non è difficile.
Ammetto che non è facile ristrutturare e rifare da capo un programma in corso d'opera, però si poteva davvero fare di più e dimostrarsi meno impreparati agli occhi di chi guarda.