Un tempo, quando i libri erano vergati a mano e gli artisti (quelli veri) sgobbavano interi anni per completare opere d'arte immaginifiche correndo il rischio di non ricevere neppure uno straccio di ringraziamento qualora l'opera non incontrasse il gradimento del committente, era assai facile riconoscere ciò che era di qualità. (S)fortunatamente i mezzi di comunicazione di massa non solo hanno reso più arduo il riconoscimento delle opere di qualità, ma hanno messo anche in discussione il concetto stesso di arte e di conseguenza anche ciò che può avere valore o veicolare informazioni serie ed affidabili. La televisione, quale mezzo di comunicazione più rappresentativo della categoria, non è da meno. L'evoluzione dell'utilità televisiva è ben nota: da elettrodomestico casalingo avente una funzione didattica ed informativa, la tv è diventata un contenitore pittoresco di mero intrattenimento. Il fatto curioso, per non dire tragico, è che all'interno degli stessi programmi tv diviene sempre più difficile riconoscere l'informazione in quanto insieme di determinate notizie e distinguerle dalla non-informazione, ovvero tutto ciò che non è notizia. Ma, come ci insegna il principio base della comunicazione, è impossibile non comunicare e va da se che non esistono non-notizie. Allora si pone il dubbio su cosa sia più autorevole di un altro, o cosa sia più importante di un altro: in pratica, diviene fondamentale stabilire ciò che ha valore informativo e formativo e ciò che invece è solo rumore, ovvero nozioni che se anche trascurate non compromettono la nostra comprensione delle cose. Quindi, possiamo ridurre all'osso la questione distinguendo le notizie importanti dette da fonti che si reputano autorevoli dalle non-notizie, evidentemente diffuse da fonti che non hanno neppure la pretesa di essere minimamente credibili.
È chiaro che il profilo della televisione si è sempre più avvicinato a quello di intrattenitore casalingo e nessuno spero osa immaginare una tv fatta principalmente da notizie continue, ciò sarebbe ai limiti della sopportazione umana oltre che fonte di noia assoluta. Il telespettatore desidera soprattutto divertirsi, o per lo meno rilassarsi difronte alla tv, quindi è giusto che vi siano programmi adatti a tale scopo. Ma intrattenere non significa ricadere nel ridicolo, è solo sufficiente rendere piacevole o più leggero un programma per riuscire nell'intento.
Ormai viviamo in una tv dove è difficile sia intrattenere che riconoscere le notizie importanti, ed è altresì complesso scindere in modo abbastanza preciso questi due aspetti poiché capita talvolta di essere protagonisti di programmi di informazione inseriti in programmi di intrattenimento: quale identità riconoscere al programma ed ai contenuti da esso veicolati? A mio avviso le cose non sono rese complesse solo da questo discutibile aspetto, quanto piuttosto da una maniera globale di fare televisione, una maniera che antepone lo scandalo alla qualità della messa in onda: se la premessa è l'effetto sensazionalistico il risultato atteso non può che essere di sconcerto nello spettatore. Decine di programmi sono sorti con questo intento, la maggior parte dei quali ormai cessati, ma lo tsunami di prodotti tv a breve durata ha finito col sopraffare quei pochi programmi di qualità rimasti, costringendo essi o ad un'inversione di rotta indirizzando i propri contenuti alle nuove aspettative del pubblico, oppure conducendoli ad un'inevitabile fine. Mi riferisco chiaramente alla formula del reality show e del suo primogenito talent show. Le due formule, erroneamente considerate distinte, sono in realtà uno il prodotto (o la conseguenza) dell'altro, quindi inscindibili. Questo format un tempo innovativo nonché novità assoluta, oggi è a dir poco ridondante e invasivo, i limiti connessi alla sua originalità sono ormai più che evidenti tant'è che se fino a poco tempo fa la tendenza di buona parte delle reti era quella di dotarsi di almeno un reality show a stagione, oggi questo primato è stato via via abbandonato da quasi tutte le emittenti. Il reality show è stato portatore di forme di intrattenimento di bassa qualità, infima in alcuni casi, propinando al pubblico una miscellanea di situazioni ridicole, in taluni casi addirittura tendenti alla volgarità, scene che ruotano attorno a rocambolesche e spesso fittizie storie d'amore costruite a tavolino al solo scopo di coadiuvare il gossip spicciolo fra i telespettatori, per non parlare di miserevoli teatrini sceneggiati da insulti perpetui, parolacce a vanvera e virtuosi giuochi lessicali abilmente censurati da immancabili e tempestive bippate, mai però sapientemente dosate affinché potessero coprire l'intera parola, bensì abbondantemente corti per meglio lasciar trapelare i rosei epiteti enunciati.
In ogni caso, il filo conduttore di questa tv sembra essere il litigio continuo, spesso e volentieri voluto e scatenato dai conduttori stessi i quali tendono sempre a lasciare libero sfogo alla rissa, intervenendo per una sua cessazione quando ormai è troppo tardi e il pubblico già si è fatto grasse risate. Ora però tutto questo sembra che si stia riducendo, i reality si stanno piano piano rintanando, le risse televisive sono sempre più contenute, lo scandalo sembra sempre più affievolirsi, la gente da casa è ormai satura di finti attori travestiti da concorrenti, di presunti flirt e inciuci pensati a regola d'arte, di eliminazioni inaspettate e di televoti manipolati, è stanca di vedere un unico programma con dieci titoli diversi e un unico filo conduttore, un'unica regia, un unico intento.
È chiaro che la televisione è un'azienda e in quanto tale essa può offrire prodotti o servizi i quali devono costantemente essere monitorati per capire se incontrano le aspettative preposte dall'azienda e i gusti del pubblico: in tv tali prodotti sono i programmi e il parametro che misura il successo o l'insuccesso è l'Auditel che misura le percentuali di ascolto. Chiaramente, se i dati Auditel non corrispondono al risultato che l'azienda si era preposta di raggiungere il programma sarà un insuccesso, nel caso contrario allora si parlerà di enorme trionfo. Tutto questo per dire che è naturale che vi sia concorrenza in tv ma non è affatto normale che questa debba a tutti i costi essere vinta dalla spregiudicatezza costante di taluni programmi tv che pur di intascarsi qualche punto di share sono disposti a mettere in scena dei pietosi siparietti grotteschi. Tale tipo di tv è piaciuto fino a un certo punto, ora sembra venuto il momento di abbandonare questo stile e dedicarsi ad una televisione non dico migliore o più giusta, ma almeno più sobria, con toni più bassi e possibilmente con conduttori che già di per se siano sinonimi di intrattenimento.
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