lunedì 25 febbraio 2013

Twix - Lo spot in dettaglio




Affrontiamo in questo post l'analisi di una divertente campagna pubblicitaria ideata dall'azienda Mars per il lancio del brand “Twix”, le celebri barrette di biscotto e caramello ricoperte di cioccolato.
Tutto il concept della campagna verte su di una differenziazione di fondo che è legata ad una simpatica storia narrata negli spot: la storia è infatti quella della nascita di Twix e dei suoi inventori della fine dell'Ottocento, i quali si ritrovarono a litigare con la conseguente decisione di scindere la produzione delle barrette in due fabbriche distinte, denominate “Twix Destro” e “Twix Sinistro”.

Osservando con attenzione lo spot possiamo immediatamente notare che la presunta differenza nella produzione del dolciume è del tutto inesistente poiché le due fabbriche, seppur minimamente diverse, perseguono il medesimo obiettivo che è quello di vendere le barrette di Twix. Di conseguenza, il prodotto venduto risulterà esattamente identico per entrambi i produttori, relegando la paventata differenza del dolciume ad un livello puramente formale nonché estetico.
Infatti allo spettatore vengono sin dal primo momento presentate le diversità di questi due Twix, a partire dai personaggi: Twix Destro è un ometto un po' più basso rispetto a Twix Sinistro che è un po' più alto; Twix Destro indossa abiti scuri mentre Twix Sinistro veste abiti colorati; Twix Destro porta un cappello a cilindro più alto rispetto a Twix Sinistro che veste con un cilindro più basso; per finire, Twix Destro porta un paio di baffi dallo spessore più limitato rispetto a Twix Sinistro che invece li porta più spessi. In definitiva, nonostante queste piccole differenze di forma, i due inventori del Twix risultano essere quasi identici, talmente uguali da accantonare la presunta diversità che li distinguerebbe.

Il medesimo discorso vale per le due fabbriche che, pur essendo state concepite e progettate separatamente, si ritroveranno ad essere costruite in modo perfettamente speculare: infatti, la fabbrica di Twix Destro possiede l'insegna rossa e la scritta gialla, mentre Twix Sinistro possiede l'insegna gialla e la scritta rossa; la fabbrica di Twix Destro è costruita con mattoni più chiari, mentre la fabbrica di Twix Sinistro ha i mattoni più scuri; la fabbrica di Twix Destro reca la ciminiera sul lato sinistro e la fabbrica di Twix Sinistro porta la ciminiera sul lato destro. Siamo nuovamente difronte a diversità puramente formali che nella sostanza non portano a nessuna differenziazione fra i due Twix.
Infine, possiamo notare altri contrasti di forma anche nella produzione stessa delle barrette: infatti, come recitano gli spot, Twix Destro versa il caramello “a cascata” sul biscotto, mentre Twix Sinistro lo versa “a onda”; Twix Destro “immerge” il biscotto e il caramello nel cioccolato mentre invece Twix Sinistro “ricopre” il biscotto e il caramello di cioccolato.

Questa campagna pubblicitaria è strutturata in maniera semplice ma efficacie poiché allo spettatore viene implicitamente chiesto di prendere una posizione, o stare dalla parte di Twix Destro o da quella di Twix Sinistro, ed è proprio grazie a questa trovata basilare che l'azienda desidera incrementare le vendite dei suoi prodotti dato che qualsiasi scelta l'acquirente decida di fare in ogni caso si ritroverà ad acquistare le barrette Twix, annullando così la dicotomia presentata dalla campagna pubblicitaria. Si tratta come ho detto di uno stratagemma estremamente semplice, fin troppo elementare, ma che si rivela felice dal punto di vista comunicativo, grazie anche ad un ottimo confezionamento degli spot che vengono presentati sotto forma di piccoli film di breve durata. Seguendo perciò quello che la pubblicità ci mostra, ovvero una separazione produttiva per la realizzazione di due prodotti apparentemente molto diversi, siamo tentati a stare o da una parte o dall'altra, senza però pensare che, in realtà, il prodotto che acquistiamo è sempre lo stesso, senza alcuna differenza che lo contraddistingue davvero.

Questa impostazione formale incentrata sui contrasti fra i due Twix la si ritrova anche nel sito di Twix, formato da un'unica pagina suddivisa in due metà corrispondenti ai due diversi Twix. In entrambe le parti vengono utilizzati termini diversi e sinonimi per esprimere in verità il medesimo concetto, continuando così ad instillare nell'utente l'idea che vi possa davvero essere un'effettiva differenza fra i due Twix. Come ho detto, questi spot sono stati pensati come fossero dei piccoli film, ovvero delle brevi storie, dei racconti dai connotati elementari nei quali si possono riscontrare dei soggetti, degli antagonisti ed i rispettivi programmi narrativi. Questa tecnica di storytelling viene ampiamente sfruttata nel mercato pubblicitario (così come in molti altri ambienti) allo scopo di offrire al pubblico un racconto nel quale potersi ritrovare o persino riconoscere, facilitando così il processo di comprensione del messaggio pubblicitario nonché l'avvicinamento del consumatore al prodotto reclamato. La tecnica dello storytelling si rivela perciò estremamente efficacie per questi scopi anche se, chiaramente, è necessario possedere le adeguate capacità per poterne sfruttare al meglio le potenzialità e con questo spot Twix ne ha fornito un'eccellente dimostrazione.

venerdì 22 febbraio 2013

Versace "Eros" - Lo spot in dettaglio




Parliamo ora di una pubblicità che in un certo senso mi ha colpito purtroppo in negativo, non tanto per il prodotto in se, quanto invece per la rappresentazione e il concept stesso della campagna, a mio avviso abbastanza banale e carente sotto diversi aspetti.
Lo spot è quello del nuovo profumo di casa Versace, “Eros”, il cui nome si rifà chiaramente al dio greco dell'amore. Nello spot vediamo il modello Brian Shimansky, ricoperto solo da una lunga tunica rossa slacciata, avanzare fra le rovine di un tempio greco e dirigersi verso una scalinata. Giunto in cima, il dio Eros si staglia su di un piedistallo di pietra, impugna un arco e lo punta in direzione della volta celeste tempestosa. Subito dopo scaglia con forza una freccia facendo breccia fra le nubi in tempesta e permettendo così ai raggi del sole di emergere ed illuminare proprio la divinità. Al termine dello spot compare a tutto campo il packshot del profumo che viene subito dopo infranto da una freccia e la successiva comparsa del logo di Versace con il nome del profumo “Eros”.
Come ho detto, questo spot risulta essere carente, in particolare d'inventiva e in secondo luogo anche nel modo di presentare il prodotto allo spettatore, che in linea teorica dovrebbe essere invogliato al suo acquisto.

Ma per capire bene dove si annidano queste carenze e i conseguenti sbagli analizziamo lo spot in dettaglio, partendo innanzitutto dal protagonista, il dio greco Eros. Come si sa, questa divinità incarna l'amore poiché questo ci viene tramandato dalla tradizione ellenistica, così come il mito l'ha sempre voluto raffigurare come una figura solitamente piccola e paffuta o comunque, in alternativa, alta e slanciata, i cui segni distintivi sono proprio le sue famose ali d'angelo sulla schiena e l'arco perennemente impugnato, pronto a scoccare qualche freccia.
Giusto per fare qualche esempio, possiamo individuare queste rappresentazioni di Eros nella celebre statua “Amore e Psiche” di Antonio Canova, oppure lo ritroviamo nel quadro di Jacques Luois David “Cupido e Psiche”, oppure sempre in un quadro dal nome “Amore e Psiche” di Anthony van Dick, o ancora del dipinto “Educazione di Amore” del Correggio, oppure lo si può scorgere nella “Primavera” di Sandro Botticelli o, di nuovo, del quadro “Amore che fabbrica l'arco” del Parmigianino o, infine, lo vediamo ritratto in un celebre quadro di Caravaggio, “Amor Vincit Omnia”.

Ebbene, mentre in tutte queste raffigurazioni siamo sempre difronte all'immagine di una divinità giovane, in alcuni casi addirittura nelle sembianze di un bambino, nello spot invece ci imbattiamo in una figura scultorea, possente, perlopiù priva di alcuni elementi distintivi della divinità, ovvero le ali d'angelo, che incarnano probabilmente la caratteristica più celebre di Eros, con la conseguenza di rendere il riconoscimento del personaggio sostanzialmente difficile da parte dello spettatore. Si potrebbe obiettare a ciò facendo notare che il modello, dopo essere salito sul piedistallo in pietra, impugna saldamente il celebre arco che lo ha sempre accompagnato in ogni sua raffigurazione (come la storia dell'arte ci ha abituato). Però, pensandoci bene, chi ci dice che quello è proprio l'arco di Eros? È forse sufficiente avere un fisico scultoreo ed impugnare un arco per essere scambiati per la divinità dell'amore? Direi proprio di no, ed infatti il riconoscimento del dio avviene solamente al termine dello spot quando, messo da parte il protagonista, compare a tutto schermo il nome del profumo e, a pensarci bene, sino ad allora lo spettatore neppure aveva capito che si stava pubblicizzando proprio un profumo dato che nessun elemento nello spot aveva anche solo tentato di suggerire di quale prodotto si stesse parlando.

Inoltre, se analizziamo più in dettaglio la corporatura stessa ed i vestiti del modello, ci accorgiamo meglio che siamo ben distanti dalla classica rappresentazione della divinità: infatti, come detto, per questa pubblicità si è proprio scelto un modello dal fisico scultoreo e glabro, che nulla ha da spartire con i paffuti amorini della pittura e neppure con le sculture di Canova, avvicinandosi di più, al contrario, allo stereotipo del macho palestrato molto più similare ai canoni moderni della mascolinità piuttosto che ai canoni estetici dell'età ellenistica.
Allo stesso modo, in merito all'abbigliamento, siamo d'innanzi a vestiari moderni e lo testimoniano la succitata tunica rossa che il modello porta completamente slacciata, così come trasudano un'aria vagamente kitsch i boxer tigrati sormontati da una bardatura recante la tipica decorazione detta appunto “Greca” , così come anche gli stivaletti in pelle dipinti d'oro risultano piuttosto stucchevoli, inquadrando quindi il vestiario come un elemento puramente e volutamente moderno.

Passando all'ambientazione, ci ritroviamo calati in un contesto non ben definito dove si possono scorgere le macerie di un tempio greco andato distrutto e una fila di piedistalli in pietra sui quali si ergono delle statue, la maggior parte delle quali non perfettamente riconoscibili anche se è possibile scorgere fra di esse, durante i primi istanti dello spot, la celebre statua del discobolo e sullo sfondo quella del Laocoonte. Il resto dell'ambientazione è formato appunto da una breve scalinata e da un piccolo piedistallo sul quale il dio Eros vi salirà per scoccare la freccia dal suo arco. Fa da cornice a tutto ciò un clima tempestoso dove il vento fa svolazzare la tunica e la forte pioggia bagna il fisico scolpito del modello. Tutto questo trasmette allo spettatore l'immagine di una situazione impervia e difficile, di certo non consona all'importanza e alla grandiosità di un dio, genericamente associato ad immagini positive e paradisiache e questo fattore, insieme a quelli sin qui menzionati, crea disorientamento poiché ciò che lo spot ci ha mostrato fin qui è ben lontano dall'immaginario collettivo sulla tematica della divinità di Eros e sull'ambientazione adeguata ad un dio.
Per concludere sul ragionamento relativo al riconoscimento dell'ambientazione greca classica, gli elementi che consentono questo riconoscimento ci sono però non vengono posti opportunamente in evidenza, in modo da avvantaggiare lo spettatore nel suo intento di calare quella situazione in un contesto ben definito. È vero che ci sono celebri statue greche, così come è vero che sui boxer e sulla tunica del protagonista si possono individuare le decorazioni a “Greca” tipiche dell'età ellenistica, però è altrettanto vero che questi elementi fanno delle fugaci apparizioni e non si mostrano di facile individuazione. In definitiva, gli elementi per l'identificazione del contesto storico di riferimento ci sono, ma non viene posta loro particolare attenzione dalle inquadrature che invece si concentrano molto di più sulle gesta del dio.

Venendo proprio ai gesti e alle azioni del protagonista, possiamo constatare che, nonostante la presenza di ruderi e di detriti invitano a pensare ad una battaglia violenta appena conclusa, il modello avanza fra di essi con sfrontata sicurezza ed allo stesso modo si dirige impettito verso il piedistallo senza badare alle impervie condizioni climatiche, come se la forte pioggia non lo disturbasse affatto. Una volta salita la scalinata il modello si ritrova nel fotogramma successivo già in piedi sul manufatto di pietra, senza che ci venga fatto vedere come ci sia arrivato anche se esso risulta piuttosto basso rispetto al suolo. Questa volontà di non mostrare l'eventuale fatica che il dio ha dovuto compiere nel salire sul piedistallo, forse per non puntare l'attenzione su uno sforzo fisico così limitato, si ritrova ad essere controbilanciata dal gesto molto più pregnante e possente dell'impugnatura dell'arco, la relativa tensione della corda e il conseguente lancio della freccia, gesto quest'ultimo che genera nelle nubi grige in preda alla tempesta uno squarcio nel cielo dal quale fuoriescono i raggi del sole che andranno inevitabilmente a colpire di luce divina proprio Eros.

Ma questo non è il solo gesto che il modello compie sul piedistallo di pietra poiché, oltre a maneggiare l'arco, egli si libera definitivamente della lunga tunica che portava slacciata addosso e proprio questa maniera di indossarla suggerisce sia l'irrilevanza dell'indumento e sia la latente volontà di doversene liberare in seguito. Il risultato di quest'azione è quella di mettere in risalto ancora una volta la massiccia fisicità del dio, come se in verità ve ne fosse un reale bisogno, e tale gesto corrobora ancora di più l'idea di una figura molto più vicina a quella di un fotomodello piacione piuttosto che alla sfera del trascendente. Si può infine notare che proprio la sfrontatezza avanzata dal modello nei confronti della pioggia che lo bagna completamente insinua sempre di più nello spettatore il sospetto che la condizione di restare semisvestito sotto un temporale gli provochi più un piacere personale piuttosto che un di disagio o un fastidio. Possiamo infatti trovare conferma di ciò sia nelle inquadrature ravvicinate che riprendono il petto del modello imperlato di goccioline di pioggia, mostrando quindi che la sofferenza o l'imbarazzo sono del tutto assenti, e anche nei primi piani del viso che trasuda un'espressione di compiacimento e di godimento per quella situazione, evocando nello spettatore una medesima sensazione di benessere e di piacere nell'osservare quel florido e prospero corpo giovanile dalla muscolatura perfetta essere letteralmente colpito da quella pioggia scrosciante che altro non fa che accentuare le forme e i volumi della sua fisicità.
Tutto ciò, come è facile comprendere, rasenta l'erotismo puro e anche piuttosto ingenuo e superfluo perché, non dimentichiamocelo, ciò che si sta pubblicizzando è un profumo, anche se fino ad ora del prodotto non se n'è scorta neppure l'ombra.

Questa abnorme strategia di marketing che fa leva sulla mascolinità, sulla prestanza fisica, sulla bellezza maschile, sull'abbigliamento superfluo e minimale, rappresenta un modo piuttosto vetusto e stantio di vendere un prodotto e che si rivela in realtà sbagliato nella sostanza, nel concept stesso, poiché si pone al centro dell'attenzione del possibile acquirente non le caratteristiche o le qualità del prodotto ma, al contrario, la bella presenza di un ragazzotto qualsiasi. Siamo nel campo della cosiddetta pubblicità mitica individuata da Floch dove la focalizzazione dell'attenzione si pone al livello della narrazione di una storia che ruota attorno ad un prodotto piuttosto che sul prodotto stesso. Infatti, proprio come avviene anche in questo caso, la presentazione nonché lo svelamento del prodotto avviene alla fine dello spot, relegata agli ultimi secondi, mentre ciò che più rimane impresso nella mente è la figura della divinità e della sua prestanza fisica che, anche se totalmente slegata rispetto al prodotto, appare molto più incisiva ed efficacie della boccetta di profumo la quale verrà infatti infranta da una freccia, forse la stessa scagliata in precedenza da Eros.

Tirando le somme, ci ritroviamo davanti ad un discorso che utilizza il riferimento alla divinità greca non tanto per suggerire le forti e prestanti qualità del profumo ma, al contrario, per fare leva sulle presunte doti erotiche che una figura maschile dal fisico statuario può suscitare nell'immaginario collettivo e quindi ben si comprende come il nome “Eros” dato al profumo più che alla corrispondente divinità suggerisce un parallelismo con l'erotismo. Per cui, chi acquista il profumo “Eros” avrà la capacità di divenire incredibilmente erotico e possente, esattamente come il modello dello spot.

Analizzando l'annuncio stampa del medesimo profumo possiamo riscontrare nuovamente alcune incongruenze. Poniamo attenzione al livello topologico: notiamo che l'annuncio è privo di cornici ed occupa l'intero spazio della rappresentazione, così come la suddivisione dell'immagine è minimale poiché al di fuori del modello non vi sono altri elementi collocati né sullo sfondo e neppure in primo piano. L'unico altro elemento che costituisce una razionalizzazione spaziale è rappresentato dalla superficie sulla quale poggia il modello, la quale è ascendente verso il lato destro dell'immagine. Il modello sorregge la boccetta di profumo con atteggiamento plastico poiché ha le gambe piegate in segno di fatica e sforzo fisico poiché il flacone di profumo si presenta di proporzioni innaturali rispetto alla realtà ed essendo così grande è capace di concentrare l'attenzione dello spettatore su di esso facendo così passare in secondo piano il modello stesso che oltre ad un vago accenno di fatica nel sorreggere il profumo gigante non trasmette con l'espressione del viso la medesima sensazione di affaticamento, altro segno quest'ultimo di grandiosità e potenza divina. Grazie quindi a queste proporzioni iperboliche del packshot, possiamo individuare nel profumo l'elemento posto in primo piano e nel modello l'elemento posto in secondo piano, pur tenendo presente che queste sono le uniche figure collocate nell'immagine. Inoltre, sulla destra compare il logo dell'azienda, “Versace”, al di sotto del quale è collocato il nome del profumo, “Eros” con caratteri più piccoli. Conclude il tutto la baseline che recita “The new fragrance for men”.

Venendo al livello eidetico si riscontrano linee dai contorni marcati e netti, individuabili prima di tutto nella boccetta gigante di profumo che si presenta ben squadrata e nitida ed allo stesso modo appare chiara la superficie sulla quale poggia il modello, anche se il suo riconoscimento non risulta altrettanto semplice. Le linee del modello sono invece più morbide anche se ugualmente nette e l'effetto di morbidezza e leggerezza è suggerito anche dalla tunica svolazzante, anch'essa protesa verso destra. Possiamo inoltre riscontrare una rima eidetica sia nello svolazzo della tunica con l'andamento ascendente della superficie e sia nella posizione delle gambe del modello che appaiono quasi perfettamente parallele, esattamente come i bordi del flacone di profumo risultano del tutto paralleli, trattandosi di una forma quadrata.

Passando al livello cromatico ci imbattiamo in una prevalenza quasi totalizzante e onnicomprensiva delle tonalità del blu e dell'azzurro, che marcano sostanzialmente ogni singolo elemento del visual. Questo blu diffuso deriva senz'altro dalla colorazione cerulea del flacone di profumo che evidentemente si è espansa a tutta l'immagine omogeneizzando sia il modello stesso e sia lo sfondo che si presenta sfumato ed inizia con una colorazione azzurro chiaro sulla sinistra procedendo sino ad un blu pieno sulla destra. La medesima variazione cromatica la si ritrova nella superficie obliqua, anche se essa risulta molto più scura sulla destra rispetto a qualsiasi altro elemento dell'immagine. Il corpo del modello è invece di un marroncino misto al blu, anch'esso quindi contaminato dalla colorazione predominante del visual anche se il marroncino ci invita a pensare che la divinità conserva ancora qualche tratto di umanità che consente di collocarlo nel regno dell'umano piuttosto che in quello del divino, come detto in precedenza.
In ogni caso, questa colorazione totalizzante inserisce lo spettatore in un'atmosfera irreale, da sogno, dove una divinità è molto più umana di quanto si creda, dove i colori sono alterati rispetto alla realtà e dove le proporzioni non sono rispettate. Rappresentano un'eccezione cromatica la tunica del dio, di un rosso sgargiante, e il logo Versace di colore giallo.

In questo blu diffuso e ripetitivo possiamo individuare un semi-simbolismo, in particolare proprio con la sfera della volta celeste e quindi dell'onirico, del soprannaturale e dello spirituale poiché nell'enciclopedia diffusa si attribuiscono questi aspetti proprio al colore blu-azzurro del cielo, luogo dove si ritiene sin da tempi antichi che risiedano le divinità, collocate perciò ad un livello superiore rispetto invece all'inferiorità della vita terrestre. È forse tramite questa lettura che si può dare una risposta a questo visual che altrimenti rischia di apparire eccessivamente banale e scontato giacché l'utilizzo del corpo seminudo per pubblicizzare un prodotto è una pratica vecchia tanto quanto lo è il marketing, così come, parimenti, se non fosse per questa lettura vi sarebbe un nuovo disorientamento nello spettatore poiché in questo visual dal titolo “Eros” della divinità non v'è traccia: infatti, il modello non suggerisce alcun tipo di similitudine con il dio dell'amore che vorrebbe impersonare poiché sono assenti le sue caratteristiche tipiche citate poc'anzi, ovvero le ali d'angelo e l'arco. Allo stesso modo non troviamo alcuna traccia dell'amore, che sarebbe proprio il sentimento rappresentativo del dio, con una preferenza invece alla tematica dell'erotismo ampiamente riscontrata sia nella seminudità del modello e sia nei suoi gesti statuari e in un certo senso vanitosi. Un allontanamento dal tema dell'amore è altresì individuabile nel colore blu che non identifica questo sentimento nell'enciclopedia collettiva come invece lo può rappresentare il colore rosa o il colore rosso.

In definitiva, ci ritroviamo d'innanzi ad un visual scarno e povero d'inventiva sia sotto il profilo dei contenuti stessi, in virtù dei mancati collegamenti ed associazioni enunciate poco sopra, e sia dal punto di vista dell'estetica complessiva che ancora una volta gioca con la nudità per promuovere un prodotto che con l'erotismo e il piacere carnale non ha assolutamente nulla da spartire.

domenica 17 febbraio 2013

Lost In Google - Il livello attanziale

Dopo esserci concentrati sul livello narrativo, ora andremo ad analizzare il livello attanziale, ponendo così l'attenzione sui personaggi e sulle relazioni fra di essi.

Il livello attanziale
Come già anticipato, “Lost In Google” presenta una struttura narrativa estremamente semplificata, così come appare basilare anche la composizione dei personaggi, che per la nostra trattazione verranno chiamati attanti.
Per cominciare, possiamo individuare i due protagonisti principali, ovvero Ruzzo Simone e Proxy, i quali interpretano i due eroi della storia le cui azioni, come detto, si dipanano su due livelli spaziotemporali: Ruzzo Simone agisce al livello del virtuale e Proxy agisce al livello del reale. Essi sono quindi i Soggetti della storia e perseguono due distinti obiettivi, chiamati programmi narrativi (PN):
  • Ruzzo Simone possiede come PN quello di uscire da Google per ritornare alla realtà;
  • Proxy possiede come PN quello di ritrovare Ruzzo Simone, smarrito nel web.

Come avviene in ogni storia degna di essere raccontata, anche in questo caso vi è una situazione in cui da uno stato di congiunzione fra soggetto e oggetto si passa ad una trasformazione, ovvero una disgiunzione fra soggetto e oggetto. In questo caso, l'oggetto col quale Ruzzo Simone si vuole ricongiungere è il mondo del reale mentre l'oggetto cui aspira Proxy è proprio Ruzzo Simone. Per la nostra trattazione, l'oggetto verrà chiamato Oggetto di Valore (Ov) poiché ogni oggetto che si definisce tale possiede una relazione di appartenenza con un soggetto sulla base dell'investimento di valore e di significato che il soggetto stesso applica all'oggetto: in altre parole, l'Ov ha valore perché ha un significato ed è interpretabile da qualcuno.
Inoltre, i due Soggetti ricoprono anche altri ruoli per la narrazione, in particolare Ruzzo Simone è allo stesso tempo Soggetto e Destinante di se stesso e di Proxy: di se stesso perché è lui in prima persona che si impone l'obiettivo di ritornare alla realtà, mentre riveste il ruolo di Destinante per Proxy poiché è lui stesso che, mentre viene risucchiato all'interno di Google, implora la ragazza di cercarlo. Il ruolo del Destinante, occorre precisare, non corrisponde ad un personaggio ma è un ruolo narrativo e perciò può essere rivestito da un qualsiasi attante, come nel caso di Ruzzo Simone.
Il ruolo del Destinante è quello di impartire un compito ad un Soggetto, ovvero applica un processo di manipolazione grazie al quale induce o obbliga un Soggetto a porsi un obiettivo e a portarlo a termine. Nel fare ciò, il Soggetto deve essere in grado nel corso della storia di assicurarsi l'adeguato equipaggiamento modale al fine di portare a termine il PN. Tale equipaggiamento modale consiste nell'acquisizione della competenza da parte del Soggetto delle adeguate capacità per portare a termine l'obiettivo, consistenti in 4 aspetti:
  1. quello del volere;
  2. quello del dovere;
  3. quello del sapere;
  4. quello del potere.

In riferimento a Ruzzo Simone, egli possiede le competenze del volere e del dovere, ma non quella del sapere e del potere, poiché egli non ha le reali capacità per essere in grado di uscire dal web ed è quindi un elemento che dovrà acquisire nel prosieguo della storia. Il medesimo discorso vale per Proxy, la quale vuole e deve ricongiungersi con l'amico ma non sa come poterlo fare.
Per colmare gli aspetti mancanti della competenza vengono in soccorso ai Soggetti degli aiutanti, cioè personaggi che hanno il ruolo di agevolare il prosieguo delle azioni dei protagonisti e che talvolta donano loro le capacità per poter fare qualcosa. Nel corso degli episodi compaiono in totale 7 aiutanti, il più importante dei quali è Ciro, un amico di Proxy che la accompagnerà per buona parte del suo percorso di ricerca di Ruzzo Simone. Anche per Ciro vale il discorso dell'aspettualizzazione attoriale fatto in precedenza in merito a Ruzzo Simone: il personaggio di Ciro, nonostante lo spettatore sia riuscito a riconoscerlo come aiutante e quindi come attante dalle intenzioni positive, non si pone inizialmente in una posizione chiara rispetto all'amica Proxy poiché non si è in grado di capire quale relazione vi è fra i due. Soltanto in un secondo momento, molto più avanti nella storia, poco prima della sua dipartita in seguito ad un'aggressione, il ragazzo confesserà i suoi sentimenti a Proxy, rendendo quindi chiaro il rapporto di totale amicizia che vi è fra i due così come acquisisce senso la relazione sentimentale che lega Ruzzo Simone a Proxy, rendendo molto più comprensibile la forte necessità che i due hanno di ricongiungersi.
Il ruolo di aiutante svolto da Ciro non si attesta nella trasmissione di un certo sapere o potere alla ragazza, ma è semplicemente quello di sostegno morale affinché ella riesca ad avvicinarsi sempre di più a Ruzzo Simone.

Un altro importante attante che riveste il ruolo di aiutante è il personaggio del bibliotecario, ovvero il fondatore dell'enciclopedia Wikipedia, interpretato nella webserie dall'attore Patrizio Rispo. Egli infatti spiega a Ruzzo Simone come utilizzare Wikipedia, che nel mondo virtuale viene concepita come una grande biblioteca anche se, in verità, nelle scene viene introdotto un enorme tomo recante una grande W in copertina, segno che la celebre enciclopedia non è da intendersi come una biblioteca ma come un corposo volume da consultare. Grazie alle spiegazioni che il bibliotecario fornisce a Ruzzo Simone, il ragazzo diviene capace di utilizzare il libro e, proprio andando alla ricerca della pagina di se stesso, il ragazzo viene a scoprire che la sua data di morte arriverà di li a pochi istanti, proprio all'interno della biblioteca; ed è grazie a questo particolare che, come anticipato nel post precedente, Wikipedia svolge il ruolo di prolessi, ovvero anticipa un fatto che ancora deve accadere.
Nonostante ciò, il ruolo di aiutante del bibliotecario si limita alla spiegazione di utilizzo del mezzo magico da parte dell'eroe, che in questo caso è Wikipedia, anche se da questa capacità d'uso non deriva alcun vantaggio per l'eroe poiché l'uso del mezzo magico è fine a se stesso e non sfocia in alcun risvolto positivo.

Il terzo ruolo di aiutante è svolto dall'attante conosciuto come NERD (che gli autori della serie hanno pensato come un acronimo di Nuovo Eroe Ribelle Domodossola), il quale farà irruzione nella storia in seguito ad un combattimento tra Ciro ed una figura incappucciata di cui si parlerà a breve. Ebbene, dopo essere sopravvissuto a questo scontro, Ciro, assiduo utilizzatore di Twitter, riceve un tweet esattamente dal NERD che lo incita ad entrare in un tombino ubicato poco distante dalla loro posizione: i ragazzi si introducono così nel nascondiglio segreto del NERD che spiega loro le dinamiche della vita nel mondo virtuale. Nel dettaglio, il NERD illustra hai ragazzi come la vita di un'entità virtuale sia legata alla sua timeline, ovvero la sua linea temporale, e di come ogni evento e gesto che lo riguarda sia conseguentemente registrato su di essa mentre soltanto alcuni meme o altre entità virtuali scelgono di rinunciare alla propria identità per evitare di essere rintracciati: avendo Ruzzo Simone una timeline pubblica, inerente al suo profilo di Facebook, ogni sua azione e ogni suo spostamento sono costantemente riportati ed aggiornati sul suo profilo e perciò consultabili da chiunque.
Il contributo offerto dal personaggio del NERD diviene fondamentale per il proseguimento della storia poiché è grazie al suo incontro se molti aspetti della trama vengono svelati, primo fra tutti il fatto che nel virtuale esiste un concetto di esistenza legato a quello della linearità temporale, ovvero il medesimo della vita reale, avendo l'uomo un'idea del tempo esattamente lineare ed indirizzata figurativamente verso destra. Da questa rivelazione appare quindi un parallelismo fra l'esistenza della vita reale e l'esistenza della vita virtuale, accantonando così il concetto di ipertestualità che rappresenterebbe invece l'elemento fondante della rete.
Un'altra scoperta emersa dall'incontro col NERD riguarda la vera identità di Proxy, che si scopre essere un meme poiché non risulta capace di interpretare un codice CAPTCHA, ideato proprio per distinguere gli umani dai meme. Da questa rivelazione viene completata sia l'aspettualizzazione attoriale di Proxy, che scopre così la sua vera identità che finora si era rivelata segreta anche a se stessa, ed allo stesso tempo l'equipaggiamento modale della ragazza viene ultimato poiché da questa scoperta identitaria scaturisce la consapevolezza di un sapere (essere conscia di ciò che è) così come scaturisce un poter fare, poiché è grazie a questa nozione identitaria che ella riesce ad accedere al mondo virtuale, senza che però venga fatto capire allo spettatore come la ragazza sia riuscita di punto in bianco a dotarsi di questa capacità; l'impressione, perciò, è quella che sia bastato riferirle la sua identità di meme per consentirle conseguentemente di apprendere un potere, anche se a ben vedere questa strategia narrativa risulta particolarmente debole poiché non spiega fino in fondo come sia possibile che da una semplice nozione o avvedutezza possa derivare un potere così cruciale per il prosieguo della storia.
Infine, il fattore più importante che è scaturito dall'incontro col NERD riguarda il salvataggio della vita virtuale di Ruzzo Simone, il quale era stato poco prima colpito a morte per via di uno scontro a fuoco avuto con gli agenti dell'FBI. È però in questo contesto che la vita di Ciro cessa d'esistere e il personaggio verrà definitivamente accantonato dalla storia.
Questo aiutante risulta perciò più utile ai due Soggetti per il completamento, seppur parziale, del loro equipaggiamento modale: infatti, il NERD da un lato consente a Ruzzo Simone di continuare a vivere (potere) e dall'altro consente a Proxy sia di essere conscia della sua vera identità (sapere) così come delle sue capacità (potere).

Si possono poi menzionare altri due aiutanti, interpretati dagli attori Ilaria Giachi e Francesco Matano, i quali sono i membri di Anonymous, che nella serie viene definito come un gruppo di ribelli in lotta contro lo strapotere del governo, anche se non è ben specificato quale governo e neppure quali siano i motivi che spingono questi due attanti ad aiutare Ruzzo Simone durante il confronto a fuoco con l'FBI dato che il solo indizio utile risiede nella volontà di un'identità non ben specificata di mantenere in vita il Soggetto, ordinando così ai ribelli la sua protezione. Sorgono così delle domande sul ruolo di questi attanti: chi sarebbe questa identità che vuole Ruzzo Simone in vita? Se i ribelli sottostanno agli ordini di un loro superiore, perché esso non è il capo degli Anonymous ma un essere senza identità? Significa che nella storia ci sono personaggi che fino ad ora sono stati volutamente celati allo spettatore?
Tutte queste domande resteranno senza risposta poiché allo spettatore non verranno offerti ulteriori indizi nel seguito del racconto, confinando queste curiosità in una dimensione di mancanza e di disorientamento nella comprensione
Il personaggio dell'attrice, che impersona un'infermiera in un ospedale abbandonato, serve soltanto a rinforzare l'aspetto modale del potere di Ruzzo Simone, poiché è lei che lo salva inizialmente dall'attacco degli agenti federali, mentre il ruolo di Francesco Matano si attesta a quello di protezione dell'incolumità del Soggetto, combattendo nuovamente contro l'FBI. Anche questi due aiutanti perciò non sono utili al completamento dell'equipaggiamento modale del Soggetto.

Gli ultimi due aiutanti non ricoprono un ruolo fondamentale per la storia: il primo è quello della web star Claudio di Biagio, nel ruolo di se stesso, il quale compare inizialmente quando Ruzzo Simone approda nell'anticamera di Google dopo essere stato risucchiato dal suo computer. La web star si limita semplicemente a descrivere la rete e il luogo in cui si trova il Soggetto, senza in realtà fornire alcuna competenza; il medesimo discorso vale per Caparezza, anch'egli nel ruolo di se stesso, che il protagonista incontra mentre vaga per Google Street View. Anche Caparezza si limita a fornire al ragazzo un consiglio che è quello di consultare Wikipedia per tentare di capire come poter uscire da Google.

Infine, per concludere l'argomento sugli aiutanti, occorre evidenziare l'importanza di alcuni commenti inseriti nelle scene poiché essi stessi ricoprono il ruolo di aiutanti: un esempio di ciò lo si ritrova nell'episodio 3, al momento dell'apertura del portale che consentirebbe a Proxy di raggiungere il mondo virtuale. L'aiuto del commento, in questo caso, risiede nello svelamento della password per l'apertura del portale che altrimenti Proxy non avrebbe mai potuto scoprire e quindi ci ritroviamo difronte ad un vero e proprio sostegno da parte di un attante, sostegno che è cruciale dato che in sua assenza la ragazza non sarebbe mai stata in grado di portare a buon fine il suo compito.

Concludiamo l'elenco degli attanti positivi con la citazione di due figure che rivestono il ruolo del narratore, il quale rappresenta un caso di dèbrayage attanziale, ovvero la creazione di un simulacro del soggetto dell'enunciazione. Questo ruolo viene interpretato prima da Roberto Giacobbo, che impersona se stesso, il quale riveste una funzione ideologica nei confronti della storia, cioè si pone l'obiettivo di spiegare direttamente allo spettatore delle vicende legate al racconto senza che siano dei personaggi in prima persona a doverlo fare. Nel fare ciò, Giacobbo narra alcuni fatti legati alla storia avvenuti in precedenza, senza però collocare questi ultimi in un preciso momento del passato, rendendo perciò la sua funzione meramente descrittiva, didattica.
In un secondo momento il ruolo del narratore viene ricoperto da FrankDeejay, anch'egli impersonando se stesso, che svolge invece una funzione narrativa, cioè di spiegazione di fatti nel loro darsi, strettamente legati alla storia. Questi due attanti possiedono infine in comune la funzione testimoniale, o di attestazione, sia in riferimento a se stessi e sia in riferimento al loro stesso compito di spiegazione diretta delle vicende al pubblico.
Occorre sottolineare l'importanza di queste figure attanziali anche in relazione al medesimo ruolo svolto dai commenti degli utenti inseriti nelle scene: mentre Giacobbo e FrankDeejay sono due narratori diegetici, ovvero interni alla storia, i commenti sono invece un caso di narratore extradiegetico, poiché sono esterni rispetto alla storia.

Ora che abbiamo descritto i personaggi principali che rivestono dei ruoli attanziali e delle valorizzazioni positive, passiamo alla descrizione degli Antagonisti, ruolo che finora non è stato menzionato ed il motivo di questa apparente omissione risiede nel fatto che nel racconto non compaiono mai dei veri e propri antagonisti, ovvero degli attanti che rivestono questo ruolo dall'inizio alla fine della storia, ma soltanto un paio di personaggi che vengono investiti di valori negativi che peraltro si attestano a delle mere azioni di circostanza, ovvero la lotta: sta di fatto che se in una qualsivoglia storia compare un attante che si pone in un ruolo di avversario nei respetti dell'eroe, quasi sempre questo personaggio si identifica come il cattivo della narrazione. Nel nostro caso avviene la medesima situazione poiché gli unici Antisoggetti degni di essere definiti tali sono impersonati da un'enigmatica figura incappucciata e dagli agenti dell'FBI, entrambi i quali vengono riconosciuti come antagonisti perché esigono una lotta con i soggetti.

Nel caso della figura incappucciata, la storia non ci fornisce le adeguate informazioni per il suo riconoscimento e la sola lettura possibile su di essa risulta abbastanza scontata: prima di tutto, essa indossa un cappuccio che impedisce di vederne il volto, quindi siamo davanti alla volontà di non svelarne l'identità e questo veicola un senso di disforia e di paura nello spettatore poiché l'impossibilità di vedere il viso di una persona da un lato non consente un'adeguata comunicazione e dall'altro trasmette un'inquietudine legata alla mancanza di conoscenza dell'altro, al senso del mistero da essa veicolato e quindi all'idea che essa abbia qualcosa da nascondere, venendo quindi percepita come negativa. In secondo luogo, essa indossa un abito lungo e nero, così come i guanti e le scarpe, trasmettendo nuovamente una percezione di negatività e malvagità poiché generalmente il colore nero è legato, nell'immaginario collettivo, al dolore, alla sofferenza, all'oblio e alla morte.
In terzo luogo, questa figura incappucciata possiede una voce profonda e gracchiante, ennesimo segnale di un attante dai connotati malefici. Infine, come anticipato, tutti questi elementi si ricollegano alle azioni della figura incappucciata che si attestano ad una volontà di lotta e combattimento fisico, in questo caso con Ciro, mentre nel frattempo Proxy tenta di aprire un portale che le consentirebbe di accedere al mondo virtuale. L'antagonista desidera perciò ostacolare questo tentativo anche se a questo proposito sorgono delle perplessità sulle sue azioni: perché l'incappucciato vuole impedire alla ragazza di aprire il portale? Perché invece di combattere con lei se la prende con l'amico Ciro? Come mai la figura piomba sulla scena all'improvviso, senza che in precedenza vi sia mai stato alcun riferimento alla sua esistenza?
Tutti questi legittimi interrogativi si infrangono quando, dopo che il portale viene aperto, l'incappucciato riesce a richiuderlo tramite una chiavetta USB ed è durante questo atto che il cappuccio gli si sfila dalla testa svelando così la sua identità di meme dai connotati positivi. Allora, di nuovo, lo spettatore si ritrova difronte ad altri quesiti: come mai un personaggio che prima era stato interpretato come negativo in un secondo momento diviene positivo? E, soprattutto, perché se è positivo vuole ostacolare l'operato di altri personaggi positivi? Non dovrebbe essere dalla loro parte?
Questi interrogativi resteranno però senza risposta poiché dopo la chiusura del portale viene generata un'esplosione, con conseguente annientamento della figura incappucciata che scomparirà per sempre dalla storia.

Per quanto riguarda invece l'FBI ci ritroviamo ad affrontare un discorso in sostanza identico a quello dell'incappucciato poiché questo antagonista viene calato nei fatti al solo scopo di eliminare Ruzzo Simone senza che vi sia un valido motivo, così come non è chiaro da dove arrivi l'FBI e neppure si capisce come un corpo di difesa statale possa essere presente sulla rete svolgendo le stesse funzioni che svolge nella realtà. La sola cosa che è data sapere è che l'FBI vuole impossessarsi della pagina che Ruzzo Simone ha strappato da Wikipedia quando ha cercato se stesso, ma questo motivo non sembra giustificare la volontà di eliminare fisicamente il soggetto solo per avere compiuto un piccolo furto. A tal proposito sorgono quindi delle nuove domande, di nuovo senza risposta: se l'FBI vuole uccidere il protagonista significa che il suo ruolo non è così chiaro come sembra e quindi nasconde qualcosa, magari un'importanza che va oltre a quella di semplice Soggetto? Se sì, perché volergli rubare la sua pagina di Wikipedia se l'enciclopedia è consultabile da chiunque? Se la sua pagina enciclopedica è così importante, perché avere aspettato che fosse stato Ruzzo Simone ad impossessarsene per primo?
Siamo nuovamente d'innanzi, come più volte ripetuto, ad un disorientamento generale poiché la comprensione delle dinamiche dei fatti da parte dello spettatore viene notevolmente inficiata dalle mancanze e dai vuoti della sceneggiatura che invece di fornire adeguate risposte corrobora in realtà i dubbi degli spettatori.

Questi due casi di antagonisti appaiono paradigmatici poiché lo schema narrativo canonico di una qualsiasi storia prevede che, se da un lato vi è il PN di un Soggetto, dall'altro lato vi deve essere un PN opposto appartenente ad un antagonista: in particolare, si parla di un anti-programma narrativo appartenente ad un anti-soggetto. Nel nostro caso, possiamo riscontrare la presenza dei due anti-soggetti (l'incappucciato e l'FBI) ma non siamo in grado di individuare dei corrispettivi anti-programmi narrativi poiché gli obiettivi dei due antagonisti non rappresentano il contrario di ciò che vogliono fare i Soggetti ed è per questo che, nonostante abbia finora utilizzato il termine di “antagonista”, sarebbe più opportuno definire questi attanti come oppositori.
In definitiva, in questa webserie è pressoché assente la figura del cattivo essendo presenti soltanto attanti investiti solo temporaneamente di valorizzazioni negative. Questa carente mancanza di fondo crea una grave voragine narrativa poiché la motivazione principale che sottostà alla decisione di raccontare una storia risiede proprio nella presenza di una storia contraria, in negativo, che rende la narrazione pregna di senso proprio in virtù del suo valore antitetico, opposto: se si narrano le gesta di un eroe e delle sue imprese è perché, al contrario, vi saranno anche le gesta di un anti-eroe che perseguirà il medesimo obiettivo dell'eroe ma in negativo. In “Lost In Google” lo spettatore non è nelle condizioni di riscontrare questa polarità d'intenti poiché la storia è priva di un anti-programma narrativo e non si rinviene un anti-soggetto impegnato in un'impresa contraria a quella dell'eroe ed è per questa ragione che, in apparenza, la narrazione non ha ragione d'esistere dato che l'impressione che essa veicola è solo quella di “un racconto che racconta se stesso”, proprio in mancanza di un corrispettivo racconto in negativo. È grazie a questa mancanza che, come già ampiamente detto, la storia si ritrova a metacomunicare, cioè ad inserire nel racconto gli elementi stessi del racconto, dando così vita a quel processo di autoreferenzialità e di autocitazione che abbiamo già avuto modo di vedere nel post precedente dedicato al livello narrativo.

Lost In Google - Il livello narrativo

A partire da questo post si andranno ad esaminare in dettaglio tutti gli elementi costitutivi di questa webserie, la quale è composta da 6 episodi numerati dallo 0 al 5, a cominciare dalla struttura narrativa per passare poi a quella attanziale.

Il livello narrativo
Per quanto concerne il livello narrativo, la trama è costituita da 2 parti fondamentali:
  1. il mondo del reale o mondo materiale;
  2. il mondo del virtuale (Internet e il web);
Questi due livelli rappresentano le basi spaziali e temporali sulle quali si sviluppa la trattazione. All'inizio della storia le scene si collocano nel mondo reale, quindi nella quotidianità della vita di tutti i giorni, mentre in un secondo momento la narrazione si proietta anche all'interno del mondo virtuale, più precisamente nel sito di Google. Attraverso questa dislocazione spaziotemporale il racconto si divide in due parti parallele che corrispondono a quelle dei due protagonisti: Ruzzo Simone per quanto concerne il virtuale e Proxy in merito al mondo materiale, anche se successivamente queste due linee parallele, sulle quali scorre lo spazio-tempo della storia, arriveranno ad avere un punto d'incontro, cui però allo stesso modo non segue un incontro dei protagonisti fra di loro.
La particolarità di questo impianto risiede nell'osservare l'intreccio che le nostre vite materiali possiedono con l'aspetto del virtuale e con i nuovi media: infatti, i due protagonisti compiono le loro azioni su due livelli distinti (uno materiale ed uno virtuale) ed allo stesso tempo perseguono due obiettivi complementari poiché Ruzzo Simone desidera ricongiungersi con il reale mentre Proxy desidera ritrovare Ruzzo Simone, quindi approdare nel virtuale.
In entrambi i mondi i protagonisti avranno a che fare con elementi del mondo opposto:
  • nel reale, Proxy ha a che fare con l'utilizzo di Twitter, con password di accesso ad un portale e con i meme;
  • nel virtuale, Ruzzo Simone ha a che fare con l'analogismo del virtuale, ovvero una rappresentazione figurativa del virtuale. È attraverso questo meccanismo che Google viene raffigurato come un immenso spazio bianco illimitato dov'è collocata un'infinita fila di sedie su ognuna delle quali si trovano gli elementi più cercati dagli utenti; così come l'enciclopedia Wikipedia viene rappresentata da un enorme edificio universitario sormontato dal celebre globo formato da tante tessere di un puzzle; oppure, Google Street View viene semplicemente (e banalmente) pensata come una serie di strade nelle quali ci si può spostare con facilità; infine, YouTube viene ritratto come un grande cinema nel quale gli utenti si siedono e dove possono lasciare i loro commenti su appositi foglietti al video che si sta per proiettare.

La trama che si articola fra questi due paralleli livelli spaziotemporali è incredibilmente semplice poiché ruota attorno al momento in cui, seduti ad un tavolo, Proxy chiede a Ruzzo Simone di cercare su Google alcuni nomi di persone da loro conosciute per visualizzarne i risultati. Divertiti dalle ricerche, Proxy propone all'amico di cercare “Google” su Google, allorché il ragazzo si lascia incuriosire e cede alla tentazione ma questa volta, invece di visionare i risultati della sua ricerca, viene risucchiato all'interno dello schermo del computer, ritrovandosi così dentro Google, nella fatidica sala d'attesa bianca sopraccitata. È da qui che si svilupperanno poi i due programmi narrativi relativi ai due protagonisti ma, al di la di questo, la struttura narrativa si presenta basilare, poiché costellata da un limitato numero di personaggi e senza che vi siano particolari tipi di intrecci della trama o di discorsi criptici dall'astrusa comprensione. La debolezza della storia è inficiata anche dall'assenza di un vero e proprio antagonista che, in un sistema attoriale basico, testimonia la reale ragione che si annida dietro alla volontà dell'eroe di perseguire il suo obiettivo. In assenza di un vero nemico, il senso delle azioni dei protagonisti appare privo di fondamento poiché senza alcun oppositore apparente la risoluzione del programma narrativo apparirebbe fin troppo facile da completare.
A rendere il tutto più complesso sotto il profilo narrativo sono i messaggi lasciati dagli utenti, che danno consigli su come la storia dovrebbe o potrebbe evolversi. Questi commenti, scelti dagli autori, compaiono materialmente negli episodi e, come vedremo più avanti, svolgono a loro modo dei ruoli da personaggi, seppur in senso lato. Ebbene, questi messaggi rendono la trama più complessa poiché la libera proposizione di consigli da parte degli utenti legittima questi ultimi ad offrire le idee più disparate, sciocche, bizzarre, stravaganti e strampalate che, oltre a rendere le azioni più dinamiche, portano però a confondere e a disorientare lo spettatore, il quale crede sino ad un certo momento di avere colto il senso del discorso per poi essere subito dopo smentito dall'apertura di un altro discorso in un altro contesto. Come detto, il senso di smarrimento non è dettato dalla complessità della trama, bensì da un'accozzaglia nonsense di situazioni totalmente slegate fra di loro la cui utilità sembra più quella di riempire le lacune del racconto piuttosto che dare un significato alla storia. Per corroborare perciò la presunta importanza svolta dall'inserimento dei commenti degli utenti nelle scene, nell'episodio 1 la protagonista Proxy afferma: “Noi facciamo quello che loro ci dicono di fare”, in riferimento proprio alle proposte avanzate dagli utenti. Quest'affermazione è solo un palliativo poiché in futuro, come si vedrà, i protagonisti cessano di fare direttamente quello che il pubblico suggerisce loro ma agiscono come se ci fosse una sceneggiatura, come se non ci fosse alcun commento mascherato da canovaccio e questo aspetto delegittima ancora una volta la presunta rilevanza dell'interattività con gli utenti.

Per quanto concerne l'aspettualizzazione temporale, siamo difronte ad un processo incoativo nel quale le scene vengono narrate con discontinuità e non con una certa linearità; a questo proposito si lega la scelta di prediligere una messa in prospettiva alternata che consente proprio di seguire le diverse azioni dei personaggi narrate in prima persona.
Sempre legato all'aspetto temporale è il concetto delle anacronie, ovvero delle traslazioni temporali che si discostano dal normale avanzamento della storia. Nello specifico, possiamo rintracciare delle prolessi, ovvero delle anticipazioni di eventi futuri, individuabili nell'episodio 3, quando Ruzzo Simone, consultando la sua pagina su Wikipedia, scopre il momento della sua morte, la quale avverrà di li a breve, e nell'episodio 4, quando il NERD anticipa che ci sarà di li a poco uno scontro a fuoco perché “Vogliono una sparatoria” (in riferimento ai commenti degli utenti).
Allo stesso modo possiamo individuare delle analessi, ovvero delle regressioni temporali a fatti accaduti in precedenza, le quali sono interne al racconto, ovvero si pongono sullo stesso livello della linea temporale sulla quale si dislocano i fatti narrati. Queste analessi rappresentano un débrayage temporale poiché all'interno della storia il tempo si distacca dall'ordine degli eventi prendendo altre strade narrative. Nello specifico, si individua un'analessi nell'episodio 2, nella scena in cui Ruzzo Simone parla a Proxy con tono affabile di quali ipotetici mondi possono celarsi al di la della realtà di tutti i giorni. In questa regressione temporale, non ben specificata e collocata in un indeterminato momento del passato, possiamo anche individuare un'aspettualizzazione attoriale di Ruzzo Simone, ovvero siamo in grado con questa scena di abbozzare un'ipotesi sulla possibile relazione sentimentale che vi è fra i due e questo ragionamento scaturisce dal fatto che Ruzzo Simone si rivolge alla ragazza a bassa voce e i due si trovano in un posto all'aperto, di notte, mentre osservano il cielo stellato. Tutti questi elementi ci suggeriscono che siamo difronte ad una situazione d'intimità fra i due, segno che in un passato non ben definito fra i protagonisti vi è stato un rapporto di vicinanza sentimentale che però, al momento, non viene ulteriormente approfondito. Quindi l'aspettualizzazione attoriale che investe Ruzzo Simone serve allo spettatore per avanzare delle ipotesi sul ruolo che egli ricopre rispetto alla sua amica Proxy, ruolo che al momento resta indeterminato.
Dopo questo débrayage temporale avviene un ritorno al presente, cioè alla narrazione ordinaria dei fatti, e quindi siamo davanti ad un embrayage, ovvero al rientro nel flusso temporale della storia.
Un altro caso di débrayage lo si riscontra alla fine dell'episodio 4, quando il NERD, su ordine di Proxy, è in grado di far retrocedere la vita virtuale di Ruzzo Simone, che nel frattempo era stato ferito a morte durante il combattimento a fuoco citato poc'anzi. Grazie alla regressione temporale il NERD riesce a salvare la vita al ragazzo riportandolo indietro nel tempo, più precisamente nell'anticamera bianca di Google, seduto su una sedia. A questo débrayage però non fa seguito un adeguato embrayage poiché questo artificio narrativo serve alla storia per consentirle di andare avanti nel racconto, oltre che a salvare la vita a Ruzzo Simone: questa analessi rappresenta perciò sia una regressione temporale e sia un nuovo inizio della storia, chiaramente necessario affinché gli eventi possano procedere.

Infine, sempre a livello narrativo, va sottolineato il continuo rinvio anaforico alla stessa webserie ed agli elementi propri del web, dando così vita ad una delle più rilevanti isotopie della fiction, ovvero quella relativa all'autoreferenzialità ed al mondo virtuale in generale. Questa autocitazione la si ritrova soprattutto nell'ultimo episodio, il numero 5, il più denso di riferimenti alla medesima webserie, a cominciare dall'anticamera di Google nella quale si ritrova Ruzzo Simone dopo essere stato salvato dal NERD: in questo luogo il ragazzo avanza verso una porta rossa sulla quale campeggiano i numeri “319009”, che altro non sono che la scritta “Google” al contrario (“Elgoog”) sottoforma di cifre, aperta la quale si ritrova in un altro spazio bianco dove diversi monitor sospesi nell'aria mostrano al ragazzo i volti divertiti degli utenti che gli confessano di essere loro i decisori delle sue azioni e degli avvenimenti della storia così come gli rivelano di essere il protagonista di “Lost In Google”. Sempre nell'episodio 5, all'interno del cinema che rappresenta YouTube, Proxy assiste prima alla proiezione di una pubblicità dove lei, Ruzzo Simone e il loro amico Ciro (che incontreremo più avanti) ne sono i testimonial e la ragazza sbuccia una banana affermando che “la mangia perché è buona”. Subito dopo lo spot viene proiettato il primo episodio di “Lost In Google” e agli spettatori in sala viene consentito di poterne modificare la trama grazie all'inserimento di suggerimenti scritti su di un cartoncino. Siamo qui davanti ad una continua e forte ripetizione del meccanismo interattivo che sorregge l'obiettivo della webserie: nella realtà avviene che gli autori chiedono aiuto agli utenti consentendo loro di inviare consigli, mentre nel virtuale avviene la medesima cosa mascherata da sceneggiatura, incarnando così un vero e proprio sistema anaforico che altro non fa che disorientare lo spettatore, poiché non si riesce a cogliere il senso di questa ripetizione continua, così come tale sistema appesantisce le scene poiché sembra solo utile a riempire un vuoto di regia.
Sorge a questo punto una domanda: se all'interno della webserie gli autori si autocitano e ritornano a sottolineare il meccanismo interattivo che sottostà alla medesima svelando a Ruzzo Simone di essere il protagonista, a che scopo allora creare questo racconto dove non si capisce la ragione per la quale esso viene raccontato? A che scopo creare una webserie che invece di raccontare qualcosa ritorna su se stessa con insistenza, senza poi essere in grado di raccontare alcunché?

Per finire, ritornando al tema delle isotopie sopra menzionato, ne possiamo individuare un'altra, quella della navigazione sul web e anche dello smarrimento in esso; un'altra isotopia è data, seppur in tono completamente comico, dall'utilizzo continuo della banana, poiché essa compare in continuazione lungo tutta la serie.

Lost In Google - Un'analisi semiotica



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“Lost In Google” rappresenta una delle esperienze nell'ambito delle webseries italiane più interessanti e affascinanti, almeno per quanto concerne il livello qualitativo totale che la serie ha saputo raggiungere. Siamo infatti difronte ad una novità sostanziale per quanto riguarda la produzione di fiction poiché ciò che si va ad analizzare è calato in un nuovo contesto, quello del virtuale, che consente di dare vita a nuove forme di racconto e di narrazione. L'importanza della spettacolarità e dell'audience propri della televisione sono concetti che devono essere accantonati per lasciare spazio alla sempre maggiore rilevanza che le produzioni di fiction per il web ricoprono all'interno dell'ambizioso progetto di un futuro riequilibrio dei bacini d'utenza e di calcolo del gradimento collettivo nei riguardi sia dei prodotti televisivi che di quelli per il web. La webserie “Lost In Google” ne rappresenta un esempio lampante, soprattutto alla luce dei felici dati sulle visualizzazioni dei rispettivi episodi, che in alcuni casi si attestano ad oltre 400.000 click.

Ma se da un lato emerge l'euforia per un tipo di prodotto multimediale dalle ampie capacità, dall'altro lato non bisogna trascurare le forti carenze e le lacune che dilagano sia a livello narrativo e sia a livello tecnico. Per quanto concerne quest'ultimo caso, non bisogna dimenticare che il fenomeno gode ancora di un'importanza embrionale e primigenia e il fattore di novità che accompagna queste esperienze va a braccetto con quello di pericolosità e di inquietudine, proprio in virtù delle mancate conoscenze ed esperienze che i produttori di audiovisivi hanno nel settore. Si manifesta così una repulsione ed una disforia nei riguardi di un mercato dell'audiovisivo che trasmette insicurezza, finendo così nel dissuadere i produttori dall'investire in questo settore allo stesso modo di come essi invece fanno nei campi del cinema e della tv.
Il risultato si attesta di solito in piccole autoproduzioni, spesso addirittura di stampo casereccio, che danno ampia dimostrazione delle loro limitate potenzialità visive con conseguente decremento qualitativo del prodotto stesso. Nel caso in questione, possiamo affermare che la casa di produzione “The Jakcal” ha saputo confezionare un prodotto multimediale che, seppur carente d'inventiva al livello del racconto, gode comunque di buona fattura e la natura di prodotto fatto in casa neppure si nota, per merito in particolar modo delle ambientazioni evidentemente scelte con oculatezza e precisione.

Ritornando invece al discorso della narrazione, emerge come anticipato un punto debole di questo fenomeno, ovvero l'incapacità di saper e poter raccontare cose nuove ed, eventualmente, di saper legare il fattore della novità narrativa con quello della novità del supporto tecnico: in altre parole, se appare nuovo l'uso del web per la creazione di fiction, non si può affermare la medesima cosa per quanto riguarda le storie che si desiderano raccontare, le quali finiscono molto spesso per dare la luce a risultati ed idee che sanno di già visto. C'è da dire comunque che inventare storie nuove e dinamiche narrative mai viste non è affatto facile, soprattutto in un ambito così vasto come il web, potenzialmente ed illimitatamente infinito, nel quale convivono centinaia di migliaia di utenti aventi la massima pretesa di essere portatori sani di originalità.

Nel nostro discorso, la presunta innovazione sbandierata da The Jackal risiederebbe nell'intervento diretto degli utenti, i quali fungerebbero da primi decisori assoluti per lo svolgimento della trama: con questo artificio gli autori della serie inducono gli utenti a proporre dei possibili sviluppi sotto forma di normali commenti ai video, i quali verranno usati come spunto per la creazione degli episodi successivi. Per coerenza, gli autori inseriscono proprio all'interno degli episodi i medesimi commenti sui quali ci si è ispirati per la strutturazione della narrazione.
Ma, come detto, si tratta di un mero artificio mascherato da strategia pubblicitaria poiché il reale risultato di tutto ciò è che gli autori della serie scelgono liberamente e a loro discrezione quali commenti reputano più originali per il prosieguo dei fatti, rendendo così di secondo livello il ruolo degli utenti, venduto invece come cruciale per lo sviluppo della storia. Questa discretizzazione dei messaggi/consigli è fortemente legata al plot principale, la trama grezza già abbozzata dagli autori, alla quale fanno seguito le proposte degli utenti/visualizzatori. Non esiste quindi alcuna vera centralità decisionale dell'utente, ma soltanto una scelta opinabile (ma insindacabile) degli stessi autori nella preferenza di quei commenti che vengono reputati conformi al plot, e quelli che invece non sono considerati tali. Occorre poi segnalare che questa idea è delegittimata di originalità poiché la medesima proposta era stata presentata dalla webserie inglese “iChannel” risalente almeno al 2006, quindi la presunta interattività con gli utenti di “Lost In Google” non gode di quel fattore così innovativo che tanto va sbandierando. Così come il tema dello smarrimento fisico all'interno del web non risulta nuovo, giacché su YouTube sono presenti decine di video che affrontano questo tema, soprattutto legato al concetto di navigazione e di programmi che offrono servizi di mappe online.
In ogni caso, l'importanza offerta dalle proposte avanzate dagli utenti ha goduto di un interesse marginale, seppur non fondamentale, rappresentandone, come anticipato, un fenomeno di fidelizzazione fra il pubblico e gli autori, il primo interessato e incuriosito dal sapere se i suoi consigli erano stati accettati, i secondi desiderosi di idee bizzarre e spesso eccentriche per dare colore, verve e brio alla storia.

Proprio in merito al racconto, occorre approfondire quanto detto in precedenza, ovvero che sa di già visto: infatti, l'impianto narrativo si presenta assolutamente basilare, formato da un Soggetto che si vuole ricongiungere con il suo Oggetto di Valore e durante il suo percorso di ricongiunzione sopraggiungono diversi Aiutanti e alcuni Oppositori. Tutto il resto è stato creato sull'impalcatura narrativa offerta dagli utenti e l'effetto finale è quello di smarrimento generale poiché la trama stessa, seppur basica, soffre di alcune e lacunose carenze sfortunatamente non adeguatamente colmate dalla sceneggiatura (ammesso che esista o sia mai esistita).

Resta però da dire che cosa allora si rinviene d'interessante in questa esperienza: come già detto, il primo fattore è proprio quello dell'ambito produttivo, il web, che può rappresentare un volano per la nascita di un nuovo mercato dell'audiovisivo; il secondo elemento d'innovazione lo si riscontra nel linguaggio della narrazione, il quale da vita ad un sistema metacomunicativo nel quale il web gioca con se stesso e diviene autoreferenziale, restando in bilico fra una vera e propria narrazione ed una parodia di se stesso. In altre parole, questa webserie invece di proporre una vera e propria storia che gode di una struttura narrativa solida, si diverte invece ad infarcire il discorso di autocitazioni che non aggiungono valore al racconto ma che si limitano a descrivere se stesse, arrivando appunto a metacomunicare, cioè a fare un discorso su un determinato tema utilizzando gli strumenti del medesimo discorso. Ecco allora che in questa webserie ambientata dentro Google (quindi dentro la rete, che a sua volta è un servizio offerto da Internet) si incontrano i meme più famosi, si va a passeggio per le strade di Google Maps, ci si imbatte in alcune web stars, si incontrano alcuni membri di Anonymous, ci si imbatte in un generatore di codici CAPTCHA, si interagisce con Twitter e si fanno ricerche su Wikipedia. Siamo difronte, come detto, ad un metadiscorso dove la rete, per parlare di se stessa, utilizza il suo stesso linguaggio.
Il risultato finale è quello di un prodotto che, seppur inficiato da ampie carenze e disarmonie a livello narrativo ed attanziale, è stato concepito come una piccola carrellata di situazioni comiche e bizzarre utili al solo scopo di divertire lo spettatore ma senza avere la pretesa di proporre nulla di articolato, restando così in equilibrio precario fra un prodotto ben confezionato ed un prodotto carente di contenuti.

Nei successivi post si andranno ad analizzare i principali elementi costitutivi di questa webserie, in particolare il livello narrativo e il livello attanziale.

lunedì 11 febbraio 2013

Avanti un altro! - Recensione


Dopo la prima e fortunata edizione del 2011, nella stagione televisiva 2012/2013 è ritornato l'anomalo quiz "Avanti un altro!", il preserale di Canale 5 condotto dal duo Bonolis-Laurenti.
Una volta tanto siamo difronte ad un format tutto italiano, ideato e confezionato da Bonolis stesso e sul quale Mediaset ha puntato molto, a giudicare (col senno di poi) dai felici risultati di ascolto incassati dal game show.

Come ho anticipato, e come lo stesso Bonolis non perde tempo a ricordare in ogni puntata, siamo d'innanzi ad un quiz "anomalo" per almeno due motivi: il primo è, come già detto, la proprietà del quiz che è tutta italiana e la seconda è relativa alle dinamiche proprie del gioco, strutturato in modo semplice (per non dire elementare) ma efficacie: al concorrente viene sottoposta una categoria formata da 4 domande ed il turno viene passato se si danno 3 risposte esatte. Se si risponde errato per 2 volte si viene eliminati e "avanti un altro!". Questa visione del quiz non contempla, e neppure ha intenzione di farlo, una difficoltà nelle domande e neppure esige determinate abilità da parte del concorrente, ponendosi più come allegoria di quiz che come gioco canonico vero e proprio: poco importa quindi se le domande risultano banali, sciocche, ridicole o al limite della mediocrità, l'importante è farsi due risate e se si risponde correttamente tanto meglio. Ma la vera particolarità del programma è relegata al gioco finale, la cui peculiarità consiste nel dare una ventina di risposte errate da parte del concorrente ad altrettante domande semplici. Nonostante l'apparente semplicità del gioco, esso trasmette una sensazione ansiogena ed al contempo di competizione da non sottovalutare e che rappresenta il vero pezzo forte del game show.

Non essendo Bonolis uno sprovveduto, appare chiaro che una strategia di gioco talmente basica come questa non avrebbe garantito né un vivo interesse nel telespettatore e neppure dei risultati d'ascolto decorosi, per cui si è pensato d'intercalare nel programma vari personaggi che di tanto in tanto irrompono in scena sottoponendo al concorrente delle domande specifiche. La particolarità di questi personaggi è quella di essere stati pensati per avere una forte caratterizzazione, pur essendo le loro apparizioni del tutto fugaci e di breve respiro, dando vita spesso a circostanze e momenti umoristici e talvolta grotteschi, come nel caso del personaggio dello "Iettatore", una sottospecie di figura amante del macabro che sottopone domande inerenti il mondo dell'occulto; oppure si può citare "Lo scienziato pazzo" dall'accento tedesco più che maccheronico che propina esperimenti di fisica di una semplicità imbarazzante; così come appare bizzarro il gaglioffo personaggio dell'"Atleta totale italiano", una sorta di superuomo sportivo che in realtà appare del tutto inetto a qualsivoglia attività fisica.

Nel programma, oltre alla presenza del succitato Iettatore che in un certo senso sbeffeggia il macabro, dilaga anche un clima apotropaico e di sfottò latente nei confronti della morte, individuabile dalla canzone d'apertura del programma cantata da Laurenti dall'inequivocabile titolo "Ricordati che devi morire".
Un altro elemento di pura goliardia è rappresentato dai ripetuti riferimenti a Carlo Conti e all'"Eredità", il quiz di Rai 1 concorrente ad "Avanti un altro!": spesso Bonolis fa riferimento al programma di Conti sottolineando con finto disappunto come il quiz di Canale 5 sia un coacervo di pazzi scatenati mentre all'"Eredità" regna la pace e non succede mai alcunché d'imprevedibile. Bisogna però ammettere che questa tendenziosa sicumera di Bonolis nei riguardi del programma di Conti non troverebbe ragione d'esistere se gli ascolti di "Avanti un altro!" non rasentassero quota 4 milioni di spettatori, segno che una fetta di pubblico dell'"Eredità" è stato sottratto a Rai 1 per merito dell'anomalia del quiz di Canale 5.
Grazie al ritmo serrato che connota la somministrazione delle domande, la facilità di sostituzione dei concorrenti e le brevi apparizioni dei personaggi che popolano il "minimondo", il quiz assume un dinamismo ed una velocità tali da renderlo fortemente attrattivo, andando contro le regole canoniche che reggono questo genere televisivo e dando gli albori ad un incrocio fra un quiz ed un varietà. Ad aggiungere un elemento di vivacità all'intero programma ci pensa la coppia Bonolis-Laurenti, artefice di siparietti comici e situazioni goliardiche spesso del tutto improvvisate e che testimoniano l'affiatamento della coppia.

Un elemento negativo si riscontra però anche in questo programma, in particolare nell'uso e abuso di tre protagoniste femminili che popolano il minimondo: la "Bonas", la "Supplente" e la "Dottoressa", tre esemplari femminili dai seni più che prosperosi che compaiono in scena quasi a dare dimostrazione delle loro generose scollature piuttosto che dare  peso alla domanda da porre al concorrente. Queste tre signorine verrebbe da pensare che vengono utilizzate ancora una volta come elemento d'attrattiva per quel pubblico maschile formato da marpioni arrapati in perenne stato di perversione, utili quindi al solo scopo di alzare gli ascolti, come se il ricorso a questi vetusti mezzucci da avanspettacolo risultassero ancora efficaci al raggiungimento di questi intenti. Bisogna notare che esiste anche una controparte maschile, il "Bonus", un ragazzotto atletico e americaneggiante che però la sola parte scoperta che ha sono i piedi.

L'utopia del Movimento 5 Stelle


Con questo post giungiamo al secondo (ma non ultimo) esempio di buona comunicazione politica, o comunque una comunicazione efficacie ed incisiva, capace di lasciare il segno.
In merito al Movimento 5 Stelle bisogna primariamente fare una premessa importante, che rappresenta anche il corpus identitario del partito di Beppe Grillo, ovvero il suo essere un “movimento”. A tal proposito diviene necessario capire cos'è un movimento rispetto ad un partito politico e in cosa questi due termini si differenziano tra loro.

Innanzitutto, un movimento rappresenta un insieme di persone piuttosto numerose che decidono di organizzarsi in modo compatto per fare fronte ad un malessere socialmente diffuso nei confronti del quale provano dei sentimenti fortemente negativi e, in certi casi, subendone anche gli effetti in modo personale. Quali potrebbero essere questi malesseri sociali contro i quali si scaglia il movimento? Sono, ad esempio, la capitalizzazione, le banche, le multinazionali, le industrie petrolifere, lo sfruttamento dell'ambiente e della natura, gli abusi sulle minoranze etniche, la supremazia della politica etc. Tutti questi temi, che vengono genericamente identificati con connotazioni valoriali negative, non sono propriamente tipici di una singola nazione o popolazione, ma travalicano i confini politici e regionali estendendosi oltre ogni frontiera fisica e culturale, realizzando in tal modo una fitta rete di interconnessioni transculturali che consente a migliaia di persone di scagliarsi proprio contro tutto ciò che considerano nocivo, ingiusto e incivile per il mondo intero.

Nonostante le grandi distanze geografiche che separano i singoli gruppi di cittadini indignati, l'ondata di protesa riesce ad estendersi praticamente in tutto il globo, soprattutto grazie all'ausilio delle nuove tecnologie: è da qui che nasce il nome del movimento più celebre della storia recente, ovvero quello nato a Seattle alla fine del 1999,che da “popolo di Seattle” divenne “movimento global” ed infine “no-global”. Per “global” si intende appunto sia la grande varietà dei temi sui quali avvengono le mobilitazioni e sia il carattere reticolare del movimento anche se proprio questi due elementi fanno da volano ad altri due importanti fattori che caratterizzano il movimento, ovvero quello della disorganizzazione, con riferimento proprio alla grande vastità del movimento stesso che riesce a coinvolgere un indeterminato numero di cittadini rendendo difficili i rapporti organizzativi interni, e quello dell'informalità, ovvero l'abbandono da parte del movimento di figure o simboli istituzionali, di un linguaggio denso di politichese e di luoghi di ritrovo popolari e rappresentativi.

Il movimento perciò, avendo l'intento di presentarsi come alternativo e diverso dai soliti sistemi di fare politica, vuole proporsi come un fenomeno controcorrente, undreground, postmoderno, al solo fine di attirare l'attenzione per far parlare di se e delle proprie proteste. A tal proposito però sorge l'ennesimo problema che intacca il movimento, cioè il modo stesso di protestare, la manifestazione dell'atto in se: il movimento riscuote successo e notorietà per avere sollevato molti temi sgradevoli e preoccupanti per il mondo intero rendendoli noti e popolari, ma oltre a questo cos'altro ha fatto il movimento? Detto in altri termini: oltre a sottolineare e rimarcare con determinazione le tante problematiche che affliggono il pianeta, il movimento è oppure no capace di presentare anche delle soluzioni, delle alternative a questi problemi? È chiaro che la protesta di per se stessa serve a ben poco se ad essa non segue anche una strategia risolutiva ed è su questo fatto che gli analisti di comunicazione politica avanzano le loro critiche, ovvero sulla mancanza di proposte da parte del movimento, il quale rischia di finire per essere visto solo come un modo per raccogliere e dare voce al malcontento popolare.

Nel M5S di Beppe Grillo si possono rintracciare tutte queste caratteristiche appena citate, tenendo presente che il movimento in questione deve essere adeguatamente ridimensionato rispetto ai classici movimenti no-global. Limitatamente all'ambito italiano, il M5S negli anni ha raccolto i fronti di protesta dei cittadini indignati dal mondo della politica fatto di privilegi vergognosi e senza ritegno, di sperpero di denaro pubblico al solo scopo di soddisfare inezie e desideri personali aventi nullo interesse per la collettività, di classi dirigenti vecchie composte da personaggi seduti in parlamento dall'età adolescenziale per non parlare dei fenomeni della corruzione, dei favoritismi e dei sotterfugi che dilagano in ambito politico. Tutto questo ginepraio di negatività è stato rivelato dal comico Beppe Grillo, uomo dalle indubbie capacità manipolatorie essendo capace di attirare su di se l'attenzione degli ascoltatori, rapiti dalle sue capacità di linguaggio intercalate da numerose battute umoristiche ed è proprio grazie alla notorietà del comico se il M5S ha potuto raggiungere livelli di popolarità e gradimenti molto elevati, persino al di sopra di certi partiti come il PDL post scandali sessuali.
Possiamo quindi rintracciare nella raccolta del malcontento generale e nell'atto di evidenziare i problemi i due principi cardine del movimento, divenuto nel tempo il raduno di coloro che si erano allontanati e disaffezionati alla politica e che videro nel M5S l'unico porto franco di giustizia, opportunità, serietà e coerenza, tutti principi che le la classe politica non era stata capace di dimostrare.

Un altro elemento distintivo del movimento di Beppe Grillo è la sua repulsione per i mezzi d'informazione canonici, preferendo ad essi l'utilizzo di internet e degli strumenti e servizi da essa offerti, il blog fra tutti; questo allontanamento, questo rifiuto dei mezzi di comunicazione di massa come la radio, la televisione e la carta stampata non ha dato vita ad un effetto d'impoverimento informativo degli intenti del movimento ma, al contrario, ha stimolato l'interesse generale della collettività a raggiungere in ogni modo i canali di informazione privilegiati dal movimento, suscitando nei cittadini l'insorgere di un nuovo e vivo interesse sia nei confronti del tenersi informati e sia nei confronti della politica, o comunque di una nuova forma di politica. Questo aspetto risulta di indubbia rilevanza poiché la televisione più di ogni altra incarna proprio il mezzo di comunicazione per eccellenza, quello presente pressoché in ogni casa o in ogni luogo pubblico d'Italia, venendo quindi ritenuta come il migliore modo per ottenere visibilità: da questa visione il M5S se ne discosta nettamente, reputando la tv come un mezzo disinformativo, non tanto per le sue caratteristiche tecniche, quanto invece per i contenuti da lei veicolati, ovvero i programmi politici (i talk show) ed i suoi conduttori, spesso giornalisti già politicamente schierati, quindi non super partes. Lontano da questa concezionale, il movimento di Grillo predilige il web come principale (nonché unico) canale d'informazione, grazie al quale è possibile dare vita proprio a quel carattere reticolare e multietnico che lo contraddistingue, quest'ultimo in particolare consente al movimento di essere aperto a tutti, a qualsiasi persona che si riconosca nel fronte di protesta del M5S.

Nel rapporto del movimento con i media possiamo individuare quello che viene definito come “mediattivismo”, un termine sorto pochi mesi dopo l'evento di Seattle e col quale si fa riferimento a tre attività principali: una, già annunciata, è quella del controllo politico dei media, visti come canali d'informazione privilegiati dai monopoli mediatici e politici, dai quali si mantengono le distanze cercando realizzare dei canali d'informazione alternativi e indipendenti; la seconda attività è quella ludica, ovvero il gioco con i media visti come macchine da manovrare a piacimento e da ingannare e manipolare, grazie soprattutto all'intervento di hacker e di nuovi software per l'informazione indipendente; la terza attività è quella creativa che vede nel movimento il veicolo per la costruzione di un ipotetico mondo immaginario, utopico, e che utilizza la comunicazione come una forma di narrazione collettiva.
Anche nel M5S possiamo riscontrare tutti questi elementi distintivi che altro non fanno che rinforzare l'identità di questo modo d'espressione politica che fa di tutto per non essere un partito scegliendo di chiamarsi movimento, non vuole avere a che fare con i media ma finisce per utilizzarli, sottolinea ed evidenzia i problemi senza però proporre nulla di alternativo. Detto in altri termini: gli elementi di forza del movimento sono anche quelli che ne causano le debolezze. In ogni caso, il M5S non ha mai negato la sua natura di movimento sociale ed in quanto tale ne subisce anche le debolezze e le carenze di contenuti. Ma visto che il nostro discorso è incentrato sul grado di comunicatività del movimento, non ci resta che appurare l'indubbia efficacia dei suoi sistemi informativi, in particolare il rapporto con la televisione che, come abbiamo visto, invece di rendere meno visibile l'immagine del movimento ne ha sancito la notorietà grazie all'utilizzo di internet, un mezzo prevalentemente in uso fra i giovani che costituiscono anche la fetta di elettori e di simpatizzanti più ampia.

Sistemi di comunicazione “moderni” come il web, allontanamento dalla tv e dai media canonici e la messa in evidenza dei problemi sociali rappresentano i temi prediletti dal M5S che, facendo leva sul disagio e sullo scontento suscitato nei cittadini riesce a riscuotere notevole successo e a porsi come un movimento di cui ci si può fidare perché “pulito” e lontano dalle consuete abitudini negative che affliggono il mondo della politica. A tutto ciò va aggiunta un'altra costituente significativa, rintracciabile nelle dichiarazioni estreme di Beppe Grillo, il quale si impegna non soltanto a sottolineare gli scandali della politica ma li corona di battute volgari (come nel caso dei celebri “Vaffa day”) e di affermazioni dai toni forti e violenti: basti pensare alle sue uscite sulla proposta dell'eliminazione di tutti i sindacati esclusa la Fiom, oppure le sue esternazioni sui tanti privilegi che fanno capo al Presidente della Repubblica, che mai prima di allora si era osato contestare, così come si può citare la sua proposta di uscire dall'Euro per ritornare alla Lira, o della totale eliminazione delle province o del suo no accanito contro la Tav e l'eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti etc. Sul turpiloquio in verità non ci sarebbe di che stupirsi poiché, partendo dal presupposto che le parolacce (in quanto parole) vanno usate tenendo conto sia del contesto e sia del tono con cui vengono pronunciate, appare evidente che i nostri politici sono avvezzi a questo tipo di linguaggio e ne hanno data ampia dimostrazione nel corso nel tempo, per cui non è la parolaccia in se a destare scandalo ma è il modo in cui essa viene proferita, tenendo presente che più il tono vocale si alza e più il discorso assume le sembianze di un monito violento e aggressivo. Siamo qui difronte ad un aspetto consueto del movimento, una strategia utile allo scopo di provocare l'ascoltatore grazie all'ausilio del turpiloquio e dell'aggressività verbale, creando così un'empatia comunicativa e d'intenti fra chi protesta e chi vi assiste. Attraverso questa tattica Beppe Grillo riesce ad essere ben più inciso rispetto all'aplomb classica del politico, il cui linguaggio intriso di politichese rischia di non rendersi capibile e interpretabile dagli elettori; tale mossa discorsiva è utile anche ad avvicinare la figura di Grillo alla gente comune, poiché egli parla e si esprime come fa la gente normale, colmando quindi la distanza che spesso separa i cittadini dai politici.

Per concludere, si può affermare che il M5S gode di una buona popolarità grazie alle tattiche discorsive e comunicative sopra indicate, rendendolo, per importanza, alla pari di partiti ben più consolidati come il PD o il PDL, dimostrando inoltre di essere ben più lungimirante rispetto a questi ultimi grazie alla rilevanza data a internet ed ai nuovi media. Resta però da affrontare tutto quel vasto corpus tematico inerente le forti valenze negative insite nel M5S, delle quali se ne possono rintracciare tre, a cominciare dal ruolo di guru che Grillo riveste nel movimento, anche se la sua funzione si spinge molto più in la, assumendo le sembianze di un dittatore che distribuisce feroci moniti o diktat fra gli attivisti, ammonendoli duramente nel caso essi dovessero discostarsi dalle linee guida del movimento. Questo aspetto solleva la problematica della democraticità interna al movimento e della sua presunta esistenza a giudicare dalle reazioni di Grillo e dai moniti da lui lanciati, qualificando così il M5S più come proprietà esclusiva di Grillo che come movimento aperto e riformista.
Una seconda problematica, sempre legata a quella della democrazia, riguarda la figura di santone di Gianroberto Casaleggio, il leader spirituale del movimento, colui che ha trasmesso il potere performativo a Grillo e che ha plasmato e creato le ideologie e gli intenti che stanno alla base del movimento. Il M5S risulta essere così una sottospecie di setta, una cricca di adepti apparentemente aperta a chicchessia ma sorretta da rigide regole ferree e governata da due figure: un profeta spirituale e un messia mediatico.
Infine, il terzo problema è relativo all'utilizzo di internet e del web come mezzo prescelto per la distribuzione dell'informazione, facendo con ciò riferimento al digital divide, ovvero le forti differenze e capacità d'accesso alla rete che contraddistinguono i diversi utenti e cittadini. Scegliere la rete come prevalente mezzo di comunicazione da un lato facilita la fruizione delle informazioni da parte di coloro che dispongono di un computer o di un dispositivo che consente una connessione a internet, ma dall'altro lato impedisce a coloro che non hanno una connessione, o non dispongono delle conoscenze adeguate per l'utilizzo di internet, il reperimento delle informazioni del movimento; la scelta della rete come media prediletto rappresenta un vantaggio comunicativo solo apparente poiché esclude dal flusso informativo tutti coloro che con internet non hanno a che fare, soprattutto in un paese come l'Italia dove l'uso del web è ancora appannaggio di un'utenza prevalentemente giovane, portando così all'emarginazione di una fetta di possibili elettori particolarmente elevata. Bisogna però aggiungere che per ovviare a questo aspetto Grillo ha ampiamente sfruttato le piazze e gli ampi spazi aperti cittadini per avvicinarsi il più possibile anche a quell'elettorato che dal movimento resterebbe altrimenti escluso, ed in questo ritroviamo l'ennesimo e felice aspetto comunicativo del M5S, ovvero la prossimità alla gente, la vicinanza agli elettori, i quali assistono al comizio del leader non dallo schermo di un televisore o dalla platea di un palcoscenico, ma sono coinvolti direttamente dall'attiguità al leader che incita il pubblico a prendere parte al clima di disagio veicolato dai suoi sproloqui.

Non potendo qui trattare più ampiamente queste interessanti tematiche, non ci resta che concludere dicendo che il M5S si presenta come un partito da un lato fortemente proiettato verso il futuro, avendo una concezione “interattiva” e “ipertestuale” della politica, mentre dall'altro lato la carenza d'intenti e di proposte alternative concrete rischia di connotare il movimento come privo di contenuti ed incapace di fare, evidenziando anche in questo caso un non saper e un poter fare. Del resto, non si possono ancora avanzare delle critiche positive o negative sull'operato del M5S, poiché esso non possiede l'adeguata esperienza e conoscenza diretta, sul campo, della politica e, checché ne dica Grillo, per cambiare e stravolgere la politica bisogna utilizzare la politica stessa.