Appurate le carenze e gli sbagli in
ambito comunicativo della sinistra, ora cerchiamo di rintracciare gli
elementi che hanno testimoniato le consecutive vittorie elettorali
del centrodestra negli ultimi anni. Più che affrontare un discorso
per tappe successive sarebbe più opportuno avanzare una trattazione
molto più generale sull'identità comunicativa del PDL, questo
perché il partito è mosso, sin dalla sua fondazione, da un
leader/guru/oracolo/guida spirituale che detta la direzione da
seguire ed induce i suoi fedeli a seguirlo, alla stregua di un
messia. Anche io, come Bersani, sono caduto nella trappola delle
metafore, metacomunico ciò che voglio dire ma, a differenza di
Bersani, le metafore mi sono figurativamente utili per arrivare al
nocciolo della questione. Ho parlato infatti di messia e di guida
spirituale facendo quindi riferimento all'ambito del divino,
dell'ultraterreno in relazione ad una figura politica inevitabilmente
carismatica e talmente rilevante all'interno del partito da essere in
grado di monopolizzare sia gli orientamenti ideologici dei suoi
seguaci e sia di condensare l'attenzione dei media su di se.
La storia del Popolo della Libertà è
la storia politica di Berlusconi, possiamo tranquillamente dire che
si tratta della medesima cosa, la medesima anima che da un lato muove
una persona e dall'altro governa le menti di un partito ed è proprio
grazie a questa enorme capacità che il PDL è riuscito ad essere uno
dei partiti più coesi degli ultimi anni. Il carisma del leader
infatti riesce nel felice intento di realizzare una grande
fratellanza, una grande armonia interna al partito che ne ha
garantito la compattezza e la staticità per molto tempo, sino a
quando sul finire del 2011, le pressioni avanzate dalla Germania nei
confronti dell'Italia fecero obbligare Berlusconi a rassegnare le
dimissioni dando così l'avvio al governo tecnico presieduto da Mario
Monti. Anche se il Cavaliere si è prodigato in campagna elettorale a
sottolineare il fatto che non sono stati i governi europei, in
particolare quello tedesco, ad indurlo alle dimissioni bensì una
serie di convergenze, o di pure casualità negative, che lo hanno
portato a fare “un passo indietro” per il bene del paese, la
realtà dei fatti è invece quella per la quale il premier non aveva
più un'ampia maggioranza in parlamento che gli consentisse di
governare e, parimenti, di prendere adeguate decisioni per fare
fronte alla crisi economica i cui effetti negativi si era tentato di
arginare con ben tre manovre finanziarie nell'arco di pochi mesi
l'una dall'altra. Fu così che la magia si interruppe e la storia del
PDL, il partito che incassò il più ampio consenso elettorale nella
storia della repubblica, finì per non avere un lieto fine.
Dopo avere, seppur per sommi capi,
cercato di riassumere i fatti ora tentiamo di introdurre i fattori
che per tutti questi anni hanno consentito le vittorie elettorali del
centrodestra e che hanno permesso alla figura di Berlusconi di
restare sempre in primo piano. Per fare ciò, dobbiamo partire dal
principio, cioè dalla famosa discesa in campo del 1994, e già qui
ci imbattiamo in una prima peculiarità, ovvero l'espressione stessa
“discesa in campo”: la parola “discesa” suggerisce che una
persona posta in una posizione dominante, ad un livello di
superiorità, si abbassi ad un livello inferiore per raggiungere un
luogo a lui distante o poco conosciuto, identificabile in questo caso
nel mondo della politica. Inoltre, la parola “campo” fa
riferimento ad uno spazio vasto ed aperto dove si disputano delle
battaglie o delle guerre, seppur metaforiche poiché in tal caso il
rimando è agli scontri ideologici in parlamento con i compagni della
sinistra nei quali il Cavaliere individuò il nuovo nemico comunista.
Quindi, siamo d'innanzi ad un uomo che, collocato ad un livello
gerarchico più elevato della norma, scende dal suo piedistallo per
raggiungere il campo di battaglia della politica, luogo nel quale
intende vincere candidandosi alla presidenza del consiglio.
La
battaglia elettorale viene vinta da Berlusconi soprattutto tramite
alcune trovate originali, prima fra tutte l'annuncio della sua
discesa in politica tramite il videomessaggio nel quale spiega i
motivi che l'hanno indotto ad entrare in politica, fatta eccezione
per il nemico comunista che ne rappresenta la vera causa. In questo
annuncio si esplicano i motivi che hanno mosso il Cavaliere e si
tratta di motivi prevalentemente sentimentali, testimoniati dal suo
amore per la patria e per il suo paese e il concetto dell'amore è il
primo ad essere pronunciato nel discorso, seguito dai concetti di
“radici” (la patria natia), da quello di “speranze” (la
possibilità di essere eletto presidente del consiglio) e da quello
di “orizzonti” (il futuro prossimo, quando sarà al comando del
paese). Si tratta di concetti esclusivamente astratti che possono
emotivamente coinvolgere l'elettorato poiché esso stesso si può
riconoscere nella descrizione di un uomo che ama il sua paese e che
si pone degli obiettivi coraggiosi da perseguire. Si tratta di una
favoletta, una breve storiella dove è rintracciabile un oggetto di
valore di cui ci si vuole impossessare (la carica pubblica), un
soggetto ed un destinatario, in questo caso rappresentati dallo
stesso attore (Berlusconi), i quali, per congiungersi con l'oggetto
di valore, necessitano di alcuni investimenti modali come un sapere
ed un poter fare, così come essi abbisognano di alcuni aiutanti (gli
elettori) per portare a termine questa sorta di programma narrativo.
Di nuovo, possiamo riconoscere in questa favoletta un parallelismo
con la dimensione divina ed onirica: dopo quello inerente il ruolo di
guida spirituale del leader incontriamo quello dell'ascendenza
dall'alto, dal regno dei cieli, dal gradino più alto dal quale il
Cavaliere-messia è sceso per raggiungere la terraferma, il suolo
terrestre.
E fu così che questa figura arrivata da un mondo lontano
vinse le elezioni in virtù della sua novità e della ventata di
promesse che ebbe modo di distribuire e che, ancora oggi, continua a
seminare senza sosta e con ciò siamo giunti ad un altro elemento
distintivo di Berlusconi, ovvero la dichiarazione delle promesse:
arrivando dal mondo dell'imprenditoria, del marketing e della
pubblicità egli conosce perfettamente le regole cognitive e
psicologiche che si annidano dietro a queste tattiche persuasive per
ammaliare l'elettorato ed è per questo che ogni qualvolta se ne
presenta l'occasione non perde tempo per sfoggiare le sue ricette
politiche contro ogni male del paese poiché lui, dall'alto della sua
divina sapienza, è detentore di ogni risposta a qualsivoglia
grattacapo. Qual'è il segreto per fare ciò, visto che le promesse
in campagna elettorale le fanno tutti? Il segreto è spararla grossa,
più inverosimile è la proposta e più l'attenzione collettiva della
politica e dei media si concentrerà su di lui. È da qui che si
sviluppò il germe dell'antiberlusconismo che rappresenterà dal '94
in avanti l'unica e prevalente attività della sinistra, ovvero
opporsi a Berlusconi in ogni modo; sta di fatto che il bacillo
dell'antiberlusconismo si annidò anche in Veltroni il quale, nel
2008, invece di mettere in atto una vera e propria campagna
elettorale fatta da proposte concrete e da alternative valide, si è
distinto per una mera contrapposizione di fatto a Berlusconi.
Questa strategia delle promesse ha
giocato un indubbio vantaggio nei termini di gradimento e consenso
elettorale per il centrodestra ma ha simboleggiato anche un'arma nei
confronti della sinistra, inducendola più ad una campagna
antiberlusconiana piuttosto che alla costruzione di un'identità
solida di centrosinistra.
Per quanto concerne le fatidiche
promesse da campagna elettorale, al Cavaliere è stato sufficiente
nominare argomenti a caso nell'arco di qualche giorno per far
ripiombare su di se l'attenzione di tutti i media. Nell'ordine, il
Cavaliere ha nominato: Mussolini durante la Giornata della Memoria
delle vittime del nazismo, la restituzione del pagamento dell'IMU
alle famiglie poiché essa rappresenta la tassa più odiata dagli
italiani, l'acquisto di Balotelli da parte del Milan, l'adozione di
un cagnolino trovatello con tanto di foto pubblicate sul web e, per
ultima, la promessa di 4 milioni di nuovi posti di lavoro.
Veniamo ora alla presenza ed
all'immagine di Berlusconi che si identifica soprattutto per due
caratteristiche principali: la bassa statura e il sorriso smagliante.
Il non essere alto lo porta ad avere un portamento eretto ed
impettito in modo da dare almeno l'idea di essere più alto e
l'immagine di una persona eretta veicola un sentimento di
determinazione ed autorità, ovvero il piglio esatto che deve avere
un leader. Il sorriso, invece, diffonde anch'esso una sensazione di
sicurezza e si identifica come un segnale pacifico ed amichevole:
infatti Berlusconi sorride sempre e comunque ed il sorriso
rappresenta, forse più di ogni altra cosa, il suo marchio
distintivo.
Venendo al linguaggio, il Cavaliere non
ha il dono della sintesi, parla a ruota libera ed ama raccontare
storie, gli piace tenere testa all'attenzione dell'ascoltatore perché
in un modo o nell'altro saprà sempre come intrattenerlo ed è
proprio grazie a questo dono del menar favella che il Cavaliere è
riuscito in tutti questi anni a “darla a bere” agli italiani, è
riuscito nell'intento di convincere e ammaliare l'elettorato,
soprattutto dopo gli scandali sessuali che lo coinvolsero e che
condussero il suo governo ad un lento declino: nonostante i consensi
degli elettori nell'operato del governo fossero sempre più risicati,
sino a raggiungere soglie di impopolarità molto elevate, Berlusconi
è riuscito a carpire l'attenzione dei cittadini grazie alle sue
fatidiche promesse ed al suo piglio disinvolto da bravo cantastorie.
In questo si traduce l'operato del Cavaliere, la sua strategia
comunicativa più efficacie, cioè raccontare storie, essere capace
di abbindolare l'interesse del cittadino con un racconto dal lieto
fine e questo si traduce inevitabilmente in vittoria alle elezioni.
Egli esprime quello che gli italiani vogliono sentirsi dire e le sue
promesse fatte durante la campagna elettorale delle amministrative
del 2013 ne sono un chiaro esempio: i cittadini italiani trovano che
l'IMU sia una tassa ingiusta e iniqua? Bene, Berlusconi promette di
eliminare l'IMU dalla prima casa perché, a suo dire, la prima casa è
“sacra” e con questo siamo dinfronte all'ennesimo riferimento al
divino. Ma non solo Berlusconi promette di eliminare l'IMU, bensì
dichiara anche di restituirne l'esoso pagamento agli italiani che si
ritroverebbero così in tasca i soldi spesi per quella tassa così
vituperata. Altro giro, altra promessa: in Italia il mondo del lavoro
è uno fra i settori più in crisi? Bene, Berlusconi promette la
creazione di 4 milioni di nuovi posti di lavoro. Come ci riuscirà?
Poco importa, l'importante è che l'abbia detto. Oppure si può
citare la promessa calcistica grazie all'acquisto di Balotelli da
parte del Milan, un tempo giocatore della squadra antagonista,
l'Inter, e con questa mossa strategica è riuscito a compiacere tutto
quel vasto elettorato fatto da tifosi milanisti, essendo il Cavaliere
anche presidente del Milan.
Ma un altro, e non meno importante,
aspetto della comunicazione del Cavaliere è la cosiddetta
“smentita”: Berlusconi si ritrova spesso a smentire se stesso e
le proprie dichiarazioni dando vita ad una sorta di
autoreferenzialità che altro non fa che creare un circolo vizioso di
detto e non detto, precisazioni e chiarimenti continui dando
l'impressione di un continuum anaforico al solo scopo di corroborare
il celebre detto del “che se ne parli bene o che se ne parli male,
basta che se ne parli”. Ne rappresentano un esempio lapalissiano le
diverse versioni deposte in merito alla fatidica Ruby Rubacuori, la
ragazzina minorenne e di origini marocchine che, stando alle
indiscrezioni della stampa, sarebbe stata arrestata per furto a
Milano ed in seguito rilasciata dalle forze dell'ordine grazie ad un
tempestivo intervento di Berlusconi stesso, il quale svelò la
parentela fra Ruby e l'allora presidente egiziano Mubarak: essendo
stata descritta come la nipote del presidente egiziano, Ruby venne
affidata alla consigliera regionale del PDL della Lombardia Nicole
Minetti. Successivamente, nel corso di un'intervista a SkyTg 24 nel
gennaio 2013, il Cavaliere dichiara: “Mai detto che Ruby era nipote
di Mubarak. Io non l'ho mai detto... è stata un'invenzione dei
giornali, lei
mi aveva detto di essere figlia di una famiglia vicina al presidente
Mubarak ”. Peccato che le
intercettazioni in mano agli inquirenti rivelino che nella telefonata
fatta alla questura di Milano Berlusconi avesse proprio etichettato
Ruby come nipote di Mubarak.
Così come rappresenta un esempio
clamoroso ed imbarazzante di smentita tutto ciò che fuoriuscì dalle
inchieste sessuali successive al caso Ruby che investirono il
Cavaliere e che svelarono un torbido giro di festini ed orge
nell'abitazione privata di Berlusconi, durante le quali l'ex premier
distribuiva poltrone da consiglieri regionali e di raccomandazioni
per apparizioni cinetelevisive alle ragazze partecipanti. Anche in
questo caso, Berlusconi si inerpicò sugli specchi nel tentativo di
dare spiegazioni e nel giro di poco tempo i festini e le orge vennero
giustificati come “gare di burlesque”, rasentando il limite del
ridicolo. Oppure, ben più brevemente, si può citare il caso
dell'abbassamento delle tasse, un tema molto caro al centrodestra e
figurativizzato con l'espressione “non mettere le mani nelle tasche
degli italiani”. Infatti, nel corso del 2010 Berlusconi annunciò
l'imminente taglio delle tasse, anche se in un nota successiva di
Paolo Bonaiuti, il suo portavoce, si precisò che “questa frase del
presidente Berlusconi non è mai stata pronunciata”.
Si potrebbe andare avanti ad oltranza
citando esempi su esempi ma anche questi pochi riportati sono
sufficienti per rendere l'idea della tattica manipolatoria del
Cavaliere: lui (s)parla, gli altri (s)parlano di lui e tutti noi
(s)parliamo di lui, nel bene o nel male e questo sistema è utile a
vincere le elezioni ma non, evidentemente, per poter governare e
questo Berlusconi lo sa bene dato che è la sesta volta che si
ricandida.
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