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“Lost In Google”
rappresenta una delle esperienze nell'ambito delle webseries italiane
più interessanti e affascinanti, almeno per quanto concerne il
livello qualitativo totale che la serie ha saputo raggiungere. Siamo
infatti difronte ad una novità sostanziale per quanto riguarda la
produzione di fiction poiché ciò che si va ad analizzare è calato
in un nuovo contesto, quello del virtuale, che consente di dare vita
a nuove forme di racconto e di narrazione. L'importanza della
spettacolarità e dell'audience propri della televisione sono
concetti che devono essere accantonati per lasciare spazio alla
sempre maggiore rilevanza che le produzioni di fiction per il web
ricoprono all'interno dell'ambizioso progetto di un futuro
riequilibrio dei bacini d'utenza e di calcolo del gradimento
collettivo nei riguardi sia dei prodotti televisivi che di quelli per
il web. La webserie “Lost In Google” ne rappresenta un esempio
lampante, soprattutto alla luce dei felici dati sulle visualizzazioni
dei rispettivi episodi, che in alcuni casi si attestano ad oltre
400.000 click.
Ma se da un lato emerge
l'euforia per un tipo di prodotto multimediale dalle ampie capacità,
dall'altro lato non bisogna trascurare le forti carenze e le lacune
che dilagano sia a livello narrativo e sia a livello tecnico. Per
quanto concerne quest'ultimo caso, non bisogna dimenticare che il
fenomeno gode ancora di un'importanza embrionale e primigenia e il
fattore di novità che accompagna queste esperienze va a braccetto
con quello di pericolosità e di inquietudine, proprio in virtù
delle mancate conoscenze ed esperienze che i produttori di
audiovisivi hanno nel settore. Si manifesta così una repulsione ed
una disforia nei riguardi di un mercato dell'audiovisivo che
trasmette insicurezza, finendo così nel dissuadere i produttori
dall'investire in questo settore allo stesso modo di come essi invece
fanno nei campi del cinema e della tv.
Il risultato si attesta
di solito in piccole autoproduzioni, spesso addirittura di stampo
casereccio, che danno ampia dimostrazione delle loro limitate
potenzialità visive con conseguente decremento qualitativo del
prodotto stesso. Nel caso in questione, possiamo affermare che la
casa di produzione “The Jakcal” ha saputo confezionare un
prodotto multimediale che, seppur carente d'inventiva al livello del
racconto, gode comunque di buona fattura e la natura di prodotto
fatto in casa neppure si nota, per merito in particolar modo delle
ambientazioni evidentemente scelte con oculatezza e precisione.
Ritornando invece al
discorso della narrazione, emerge come anticipato un punto debole di
questo fenomeno, ovvero l'incapacità di saper e poter raccontare
cose nuove ed, eventualmente, di saper legare il fattore della novità
narrativa con quello della novità del supporto tecnico: in altre
parole, se appare nuovo l'uso del web per la creazione di fiction,
non si può affermare la medesima cosa per quanto riguarda le storie
che si desiderano raccontare, le quali finiscono molto spesso per
dare la luce a risultati ed idee che sanno di già visto. C'è da
dire comunque che inventare storie nuove e dinamiche narrative mai
viste non è affatto facile, soprattutto in un ambito così vasto
come il web, potenzialmente ed illimitatamente infinito, nel quale
convivono centinaia di migliaia di utenti aventi la massima pretesa
di essere portatori sani di originalità.
Nel nostro discorso, la
presunta innovazione sbandierata da The Jackal risiederebbe
nell'intervento diretto degli utenti, i quali fungerebbero da primi
decisori assoluti per lo svolgimento della trama: con questo
artificio gli autori della serie inducono gli utenti a proporre dei
possibili sviluppi sotto forma di normali commenti ai video, i quali
verranno usati come spunto per la creazione degli episodi successivi.
Per coerenza, gli autori inseriscono proprio all'interno degli
episodi i medesimi commenti sui quali ci si è ispirati per la
strutturazione della narrazione.
Ma, come detto, si tratta
di un mero artificio mascherato da strategia pubblicitaria poiché il
reale risultato di tutto ciò è che gli autori della serie scelgono
liberamente e a loro discrezione quali commenti reputano più
originali per il prosieguo dei fatti, rendendo così di secondo
livello il ruolo degli utenti, venduto invece come cruciale per lo
sviluppo della storia. Questa discretizzazione dei messaggi/consigli
è fortemente legata al plot principale, la trama grezza già
abbozzata dagli autori, alla quale fanno seguito le proposte degli
utenti/visualizzatori. Non esiste quindi alcuna vera centralità
decisionale dell'utente, ma soltanto una scelta opinabile (ma
insindacabile) degli stessi autori nella preferenza di quei commenti
che vengono reputati conformi al plot, e quelli che invece non sono
considerati tali. Occorre poi segnalare che questa idea è
delegittimata di originalità poiché la medesima proposta era stata
presentata dalla webserie inglese “iChannel” risalente almeno al
2006, quindi la presunta interattività con gli utenti di “Lost In
Google” non gode di quel fattore così innovativo che tanto va
sbandierando. Così come il tema dello smarrimento fisico all'interno
del web non risulta nuovo, giacché su YouTube sono presenti decine
di video che affrontano questo tema, soprattutto legato al concetto
di navigazione e di programmi che offrono servizi di mappe online.
In ogni caso,
l'importanza offerta dalle proposte avanzate dagli utenti ha goduto
di un interesse marginale, seppur non fondamentale, rappresentandone,
come anticipato, un fenomeno di fidelizzazione fra il pubblico e gli
autori, il primo interessato e incuriosito dal sapere se i suoi
consigli erano stati accettati, i secondi desiderosi di idee bizzarre
e spesso eccentriche per dare colore, verve e brio alla storia.
Proprio in merito al
racconto, occorre approfondire quanto detto in precedenza, ovvero che
sa di già visto: infatti, l'impianto narrativo si presenta
assolutamente basilare, formato da un Soggetto che si vuole
ricongiungere con il suo Oggetto di Valore e durante il suo percorso
di ricongiunzione sopraggiungono diversi Aiutanti e alcuni
Oppositori. Tutto il resto è stato creato sull'impalcatura narrativa
offerta dagli utenti e l'effetto finale è quello di smarrimento
generale poiché la trama stessa, seppur basica, soffre di alcune e
lacunose carenze sfortunatamente non adeguatamente colmate dalla
sceneggiatura (ammesso che esista o sia mai esistita).
Resta però da dire che
cosa allora si rinviene d'interessante in questa esperienza: come già
detto, il primo fattore è proprio quello dell'ambito produttivo, il
web, che può rappresentare un volano per la nascita di un nuovo
mercato dell'audiovisivo; il secondo elemento d'innovazione lo si
riscontra nel linguaggio della narrazione, il quale da vita ad un
sistema metacomunicativo nel quale il web gioca con se stesso e
diviene autoreferenziale, restando in bilico fra una vera e propria
narrazione ed una parodia di se stesso. In altre parole, questa
webserie invece di proporre una vera e propria storia che gode di una
struttura narrativa solida, si diverte invece ad infarcire il
discorso di autocitazioni che non aggiungono valore al racconto ma
che si limitano a descrivere se stesse, arrivando appunto a
metacomunicare, cioè a fare un discorso su un determinato tema
utilizzando gli strumenti del medesimo discorso. Ecco allora che in
questa webserie ambientata dentro Google (quindi dentro la rete, che
a sua volta è un servizio offerto da Internet) si incontrano i meme
più famosi, si va a passeggio per le strade di Google Maps, ci si
imbatte in alcune web stars, si incontrano alcuni membri di
Anonymous, ci si imbatte in un generatore di codici CAPTCHA, si
interagisce con Twitter e si fanno ricerche su Wikipedia. Siamo
difronte, come detto, ad un metadiscorso dove la rete, per parlare di
se stessa, utilizza il suo stesso linguaggio.
Il risultato finale è
quello di un prodotto che, seppur inficiato da ampie carenze e
disarmonie a livello narrativo ed attanziale, è stato concepito come
una piccola carrellata di situazioni comiche e bizzarre utili al solo
scopo di divertire lo spettatore ma senza avere la pretesa di
proporre nulla di articolato, restando così in equilibrio precario
fra un prodotto ben confezionato ed un prodotto carente di contenuti.
Nei successivi post si andranno ad analizzare i principali elementi
costitutivi di questa webserie, in particolare il livello narrativo e
il livello attanziale.
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