domenica 17 febbraio 2013

Lost In Google - Un'analisi semiotica



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“Lost In Google” rappresenta una delle esperienze nell'ambito delle webseries italiane più interessanti e affascinanti, almeno per quanto concerne il livello qualitativo totale che la serie ha saputo raggiungere. Siamo infatti difronte ad una novità sostanziale per quanto riguarda la produzione di fiction poiché ciò che si va ad analizzare è calato in un nuovo contesto, quello del virtuale, che consente di dare vita a nuove forme di racconto e di narrazione. L'importanza della spettacolarità e dell'audience propri della televisione sono concetti che devono essere accantonati per lasciare spazio alla sempre maggiore rilevanza che le produzioni di fiction per il web ricoprono all'interno dell'ambizioso progetto di un futuro riequilibrio dei bacini d'utenza e di calcolo del gradimento collettivo nei riguardi sia dei prodotti televisivi che di quelli per il web. La webserie “Lost In Google” ne rappresenta un esempio lampante, soprattutto alla luce dei felici dati sulle visualizzazioni dei rispettivi episodi, che in alcuni casi si attestano ad oltre 400.000 click.

Ma se da un lato emerge l'euforia per un tipo di prodotto multimediale dalle ampie capacità, dall'altro lato non bisogna trascurare le forti carenze e le lacune che dilagano sia a livello narrativo e sia a livello tecnico. Per quanto concerne quest'ultimo caso, non bisogna dimenticare che il fenomeno gode ancora di un'importanza embrionale e primigenia e il fattore di novità che accompagna queste esperienze va a braccetto con quello di pericolosità e di inquietudine, proprio in virtù delle mancate conoscenze ed esperienze che i produttori di audiovisivi hanno nel settore. Si manifesta così una repulsione ed una disforia nei riguardi di un mercato dell'audiovisivo che trasmette insicurezza, finendo così nel dissuadere i produttori dall'investire in questo settore allo stesso modo di come essi invece fanno nei campi del cinema e della tv.
Il risultato si attesta di solito in piccole autoproduzioni, spesso addirittura di stampo casereccio, che danno ampia dimostrazione delle loro limitate potenzialità visive con conseguente decremento qualitativo del prodotto stesso. Nel caso in questione, possiamo affermare che la casa di produzione “The Jakcal” ha saputo confezionare un prodotto multimediale che, seppur carente d'inventiva al livello del racconto, gode comunque di buona fattura e la natura di prodotto fatto in casa neppure si nota, per merito in particolar modo delle ambientazioni evidentemente scelte con oculatezza e precisione.

Ritornando invece al discorso della narrazione, emerge come anticipato un punto debole di questo fenomeno, ovvero l'incapacità di saper e poter raccontare cose nuove ed, eventualmente, di saper legare il fattore della novità narrativa con quello della novità del supporto tecnico: in altre parole, se appare nuovo l'uso del web per la creazione di fiction, non si può affermare la medesima cosa per quanto riguarda le storie che si desiderano raccontare, le quali finiscono molto spesso per dare la luce a risultati ed idee che sanno di già visto. C'è da dire comunque che inventare storie nuove e dinamiche narrative mai viste non è affatto facile, soprattutto in un ambito così vasto come il web, potenzialmente ed illimitatamente infinito, nel quale convivono centinaia di migliaia di utenti aventi la massima pretesa di essere portatori sani di originalità.

Nel nostro discorso, la presunta innovazione sbandierata da The Jackal risiederebbe nell'intervento diretto degli utenti, i quali fungerebbero da primi decisori assoluti per lo svolgimento della trama: con questo artificio gli autori della serie inducono gli utenti a proporre dei possibili sviluppi sotto forma di normali commenti ai video, i quali verranno usati come spunto per la creazione degli episodi successivi. Per coerenza, gli autori inseriscono proprio all'interno degli episodi i medesimi commenti sui quali ci si è ispirati per la strutturazione della narrazione.
Ma, come detto, si tratta di un mero artificio mascherato da strategia pubblicitaria poiché il reale risultato di tutto ciò è che gli autori della serie scelgono liberamente e a loro discrezione quali commenti reputano più originali per il prosieguo dei fatti, rendendo così di secondo livello il ruolo degli utenti, venduto invece come cruciale per lo sviluppo della storia. Questa discretizzazione dei messaggi/consigli è fortemente legata al plot principale, la trama grezza già abbozzata dagli autori, alla quale fanno seguito le proposte degli utenti/visualizzatori. Non esiste quindi alcuna vera centralità decisionale dell'utente, ma soltanto una scelta opinabile (ma insindacabile) degli stessi autori nella preferenza di quei commenti che vengono reputati conformi al plot, e quelli che invece non sono considerati tali. Occorre poi segnalare che questa idea è delegittimata di originalità poiché la medesima proposta era stata presentata dalla webserie inglese “iChannel” risalente almeno al 2006, quindi la presunta interattività con gli utenti di “Lost In Google” non gode di quel fattore così innovativo che tanto va sbandierando. Così come il tema dello smarrimento fisico all'interno del web non risulta nuovo, giacché su YouTube sono presenti decine di video che affrontano questo tema, soprattutto legato al concetto di navigazione e di programmi che offrono servizi di mappe online.
In ogni caso, l'importanza offerta dalle proposte avanzate dagli utenti ha goduto di un interesse marginale, seppur non fondamentale, rappresentandone, come anticipato, un fenomeno di fidelizzazione fra il pubblico e gli autori, il primo interessato e incuriosito dal sapere se i suoi consigli erano stati accettati, i secondi desiderosi di idee bizzarre e spesso eccentriche per dare colore, verve e brio alla storia.

Proprio in merito al racconto, occorre approfondire quanto detto in precedenza, ovvero che sa di già visto: infatti, l'impianto narrativo si presenta assolutamente basilare, formato da un Soggetto che si vuole ricongiungere con il suo Oggetto di Valore e durante il suo percorso di ricongiunzione sopraggiungono diversi Aiutanti e alcuni Oppositori. Tutto il resto è stato creato sull'impalcatura narrativa offerta dagli utenti e l'effetto finale è quello di smarrimento generale poiché la trama stessa, seppur basica, soffre di alcune e lacunose carenze sfortunatamente non adeguatamente colmate dalla sceneggiatura (ammesso che esista o sia mai esistita).

Resta però da dire che cosa allora si rinviene d'interessante in questa esperienza: come già detto, il primo fattore è proprio quello dell'ambito produttivo, il web, che può rappresentare un volano per la nascita di un nuovo mercato dell'audiovisivo; il secondo elemento d'innovazione lo si riscontra nel linguaggio della narrazione, il quale da vita ad un sistema metacomunicativo nel quale il web gioca con se stesso e diviene autoreferenziale, restando in bilico fra una vera e propria narrazione ed una parodia di se stesso. In altre parole, questa webserie invece di proporre una vera e propria storia che gode di una struttura narrativa solida, si diverte invece ad infarcire il discorso di autocitazioni che non aggiungono valore al racconto ma che si limitano a descrivere se stesse, arrivando appunto a metacomunicare, cioè a fare un discorso su un determinato tema utilizzando gli strumenti del medesimo discorso. Ecco allora che in questa webserie ambientata dentro Google (quindi dentro la rete, che a sua volta è un servizio offerto da Internet) si incontrano i meme più famosi, si va a passeggio per le strade di Google Maps, ci si imbatte in alcune web stars, si incontrano alcuni membri di Anonymous, ci si imbatte in un generatore di codici CAPTCHA, si interagisce con Twitter e si fanno ricerche su Wikipedia. Siamo difronte, come detto, ad un metadiscorso dove la rete, per parlare di se stessa, utilizza il suo stesso linguaggio.
Il risultato finale è quello di un prodotto che, seppur inficiato da ampie carenze e disarmonie a livello narrativo ed attanziale, è stato concepito come una piccola carrellata di situazioni comiche e bizzarre utili al solo scopo di divertire lo spettatore ma senza avere la pretesa di proporre nulla di articolato, restando così in equilibrio precario fra un prodotto ben confezionato ed un prodotto carente di contenuti.

Nei successivi post si andranno ad analizzare i principali elementi costitutivi di questa webserie, in particolare il livello narrativo e il livello attanziale.

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