venerdì 22 febbraio 2013

Versace "Eros" - Lo spot in dettaglio




Parliamo ora di una pubblicità che in un certo senso mi ha colpito purtroppo in negativo, non tanto per il prodotto in se, quanto invece per la rappresentazione e il concept stesso della campagna, a mio avviso abbastanza banale e carente sotto diversi aspetti.
Lo spot è quello del nuovo profumo di casa Versace, “Eros”, il cui nome si rifà chiaramente al dio greco dell'amore. Nello spot vediamo il modello Brian Shimansky, ricoperto solo da una lunga tunica rossa slacciata, avanzare fra le rovine di un tempio greco e dirigersi verso una scalinata. Giunto in cima, il dio Eros si staglia su di un piedistallo di pietra, impugna un arco e lo punta in direzione della volta celeste tempestosa. Subito dopo scaglia con forza una freccia facendo breccia fra le nubi in tempesta e permettendo così ai raggi del sole di emergere ed illuminare proprio la divinità. Al termine dello spot compare a tutto campo il packshot del profumo che viene subito dopo infranto da una freccia e la successiva comparsa del logo di Versace con il nome del profumo “Eros”.
Come ho detto, questo spot risulta essere carente, in particolare d'inventiva e in secondo luogo anche nel modo di presentare il prodotto allo spettatore, che in linea teorica dovrebbe essere invogliato al suo acquisto.

Ma per capire bene dove si annidano queste carenze e i conseguenti sbagli analizziamo lo spot in dettaglio, partendo innanzitutto dal protagonista, il dio greco Eros. Come si sa, questa divinità incarna l'amore poiché questo ci viene tramandato dalla tradizione ellenistica, così come il mito l'ha sempre voluto raffigurare come una figura solitamente piccola e paffuta o comunque, in alternativa, alta e slanciata, i cui segni distintivi sono proprio le sue famose ali d'angelo sulla schiena e l'arco perennemente impugnato, pronto a scoccare qualche freccia.
Giusto per fare qualche esempio, possiamo individuare queste rappresentazioni di Eros nella celebre statua “Amore e Psiche” di Antonio Canova, oppure lo ritroviamo nel quadro di Jacques Luois David “Cupido e Psiche”, oppure sempre in un quadro dal nome “Amore e Psiche” di Anthony van Dick, o ancora del dipinto “Educazione di Amore” del Correggio, oppure lo si può scorgere nella “Primavera” di Sandro Botticelli o, di nuovo, del quadro “Amore che fabbrica l'arco” del Parmigianino o, infine, lo vediamo ritratto in un celebre quadro di Caravaggio, “Amor Vincit Omnia”.

Ebbene, mentre in tutte queste raffigurazioni siamo sempre difronte all'immagine di una divinità giovane, in alcuni casi addirittura nelle sembianze di un bambino, nello spot invece ci imbattiamo in una figura scultorea, possente, perlopiù priva di alcuni elementi distintivi della divinità, ovvero le ali d'angelo, che incarnano probabilmente la caratteristica più celebre di Eros, con la conseguenza di rendere il riconoscimento del personaggio sostanzialmente difficile da parte dello spettatore. Si potrebbe obiettare a ciò facendo notare che il modello, dopo essere salito sul piedistallo in pietra, impugna saldamente il celebre arco che lo ha sempre accompagnato in ogni sua raffigurazione (come la storia dell'arte ci ha abituato). Però, pensandoci bene, chi ci dice che quello è proprio l'arco di Eros? È forse sufficiente avere un fisico scultoreo ed impugnare un arco per essere scambiati per la divinità dell'amore? Direi proprio di no, ed infatti il riconoscimento del dio avviene solamente al termine dello spot quando, messo da parte il protagonista, compare a tutto schermo il nome del profumo e, a pensarci bene, sino ad allora lo spettatore neppure aveva capito che si stava pubblicizzando proprio un profumo dato che nessun elemento nello spot aveva anche solo tentato di suggerire di quale prodotto si stesse parlando.

Inoltre, se analizziamo più in dettaglio la corporatura stessa ed i vestiti del modello, ci accorgiamo meglio che siamo ben distanti dalla classica rappresentazione della divinità: infatti, come detto, per questa pubblicità si è proprio scelto un modello dal fisico scultoreo e glabro, che nulla ha da spartire con i paffuti amorini della pittura e neppure con le sculture di Canova, avvicinandosi di più, al contrario, allo stereotipo del macho palestrato molto più similare ai canoni moderni della mascolinità piuttosto che ai canoni estetici dell'età ellenistica.
Allo stesso modo, in merito all'abbigliamento, siamo d'innanzi a vestiari moderni e lo testimoniano la succitata tunica rossa che il modello porta completamente slacciata, così come trasudano un'aria vagamente kitsch i boxer tigrati sormontati da una bardatura recante la tipica decorazione detta appunto “Greca” , così come anche gli stivaletti in pelle dipinti d'oro risultano piuttosto stucchevoli, inquadrando quindi il vestiario come un elemento puramente e volutamente moderno.

Passando all'ambientazione, ci ritroviamo calati in un contesto non ben definito dove si possono scorgere le macerie di un tempio greco andato distrutto e una fila di piedistalli in pietra sui quali si ergono delle statue, la maggior parte delle quali non perfettamente riconoscibili anche se è possibile scorgere fra di esse, durante i primi istanti dello spot, la celebre statua del discobolo e sullo sfondo quella del Laocoonte. Il resto dell'ambientazione è formato appunto da una breve scalinata e da un piccolo piedistallo sul quale il dio Eros vi salirà per scoccare la freccia dal suo arco. Fa da cornice a tutto ciò un clima tempestoso dove il vento fa svolazzare la tunica e la forte pioggia bagna il fisico scolpito del modello. Tutto questo trasmette allo spettatore l'immagine di una situazione impervia e difficile, di certo non consona all'importanza e alla grandiosità di un dio, genericamente associato ad immagini positive e paradisiache e questo fattore, insieme a quelli sin qui menzionati, crea disorientamento poiché ciò che lo spot ci ha mostrato fin qui è ben lontano dall'immaginario collettivo sulla tematica della divinità di Eros e sull'ambientazione adeguata ad un dio.
Per concludere sul ragionamento relativo al riconoscimento dell'ambientazione greca classica, gli elementi che consentono questo riconoscimento ci sono però non vengono posti opportunamente in evidenza, in modo da avvantaggiare lo spettatore nel suo intento di calare quella situazione in un contesto ben definito. È vero che ci sono celebri statue greche, così come è vero che sui boxer e sulla tunica del protagonista si possono individuare le decorazioni a “Greca” tipiche dell'età ellenistica, però è altrettanto vero che questi elementi fanno delle fugaci apparizioni e non si mostrano di facile individuazione. In definitiva, gli elementi per l'identificazione del contesto storico di riferimento ci sono, ma non viene posta loro particolare attenzione dalle inquadrature che invece si concentrano molto di più sulle gesta del dio.

Venendo proprio ai gesti e alle azioni del protagonista, possiamo constatare che, nonostante la presenza di ruderi e di detriti invitano a pensare ad una battaglia violenta appena conclusa, il modello avanza fra di essi con sfrontata sicurezza ed allo stesso modo si dirige impettito verso il piedistallo senza badare alle impervie condizioni climatiche, come se la forte pioggia non lo disturbasse affatto. Una volta salita la scalinata il modello si ritrova nel fotogramma successivo già in piedi sul manufatto di pietra, senza che ci venga fatto vedere come ci sia arrivato anche se esso risulta piuttosto basso rispetto al suolo. Questa volontà di non mostrare l'eventuale fatica che il dio ha dovuto compiere nel salire sul piedistallo, forse per non puntare l'attenzione su uno sforzo fisico così limitato, si ritrova ad essere controbilanciata dal gesto molto più pregnante e possente dell'impugnatura dell'arco, la relativa tensione della corda e il conseguente lancio della freccia, gesto quest'ultimo che genera nelle nubi grige in preda alla tempesta uno squarcio nel cielo dal quale fuoriescono i raggi del sole che andranno inevitabilmente a colpire di luce divina proprio Eros.

Ma questo non è il solo gesto che il modello compie sul piedistallo di pietra poiché, oltre a maneggiare l'arco, egli si libera definitivamente della lunga tunica che portava slacciata addosso e proprio questa maniera di indossarla suggerisce sia l'irrilevanza dell'indumento e sia la latente volontà di doversene liberare in seguito. Il risultato di quest'azione è quella di mettere in risalto ancora una volta la massiccia fisicità del dio, come se in verità ve ne fosse un reale bisogno, e tale gesto corrobora ancora di più l'idea di una figura molto più vicina a quella di un fotomodello piacione piuttosto che alla sfera del trascendente. Si può infine notare che proprio la sfrontatezza avanzata dal modello nei confronti della pioggia che lo bagna completamente insinua sempre di più nello spettatore il sospetto che la condizione di restare semisvestito sotto un temporale gli provochi più un piacere personale piuttosto che un di disagio o un fastidio. Possiamo infatti trovare conferma di ciò sia nelle inquadrature ravvicinate che riprendono il petto del modello imperlato di goccioline di pioggia, mostrando quindi che la sofferenza o l'imbarazzo sono del tutto assenti, e anche nei primi piani del viso che trasuda un'espressione di compiacimento e di godimento per quella situazione, evocando nello spettatore una medesima sensazione di benessere e di piacere nell'osservare quel florido e prospero corpo giovanile dalla muscolatura perfetta essere letteralmente colpito da quella pioggia scrosciante che altro non fa che accentuare le forme e i volumi della sua fisicità.
Tutto ciò, come è facile comprendere, rasenta l'erotismo puro e anche piuttosto ingenuo e superfluo perché, non dimentichiamocelo, ciò che si sta pubblicizzando è un profumo, anche se fino ad ora del prodotto non se n'è scorta neppure l'ombra.

Questa abnorme strategia di marketing che fa leva sulla mascolinità, sulla prestanza fisica, sulla bellezza maschile, sull'abbigliamento superfluo e minimale, rappresenta un modo piuttosto vetusto e stantio di vendere un prodotto e che si rivela in realtà sbagliato nella sostanza, nel concept stesso, poiché si pone al centro dell'attenzione del possibile acquirente non le caratteristiche o le qualità del prodotto ma, al contrario, la bella presenza di un ragazzotto qualsiasi. Siamo nel campo della cosiddetta pubblicità mitica individuata da Floch dove la focalizzazione dell'attenzione si pone al livello della narrazione di una storia che ruota attorno ad un prodotto piuttosto che sul prodotto stesso. Infatti, proprio come avviene anche in questo caso, la presentazione nonché lo svelamento del prodotto avviene alla fine dello spot, relegata agli ultimi secondi, mentre ciò che più rimane impresso nella mente è la figura della divinità e della sua prestanza fisica che, anche se totalmente slegata rispetto al prodotto, appare molto più incisiva ed efficacie della boccetta di profumo la quale verrà infatti infranta da una freccia, forse la stessa scagliata in precedenza da Eros.

Tirando le somme, ci ritroviamo davanti ad un discorso che utilizza il riferimento alla divinità greca non tanto per suggerire le forti e prestanti qualità del profumo ma, al contrario, per fare leva sulle presunte doti erotiche che una figura maschile dal fisico statuario può suscitare nell'immaginario collettivo e quindi ben si comprende come il nome “Eros” dato al profumo più che alla corrispondente divinità suggerisce un parallelismo con l'erotismo. Per cui, chi acquista il profumo “Eros” avrà la capacità di divenire incredibilmente erotico e possente, esattamente come il modello dello spot.

Analizzando l'annuncio stampa del medesimo profumo possiamo riscontrare nuovamente alcune incongruenze. Poniamo attenzione al livello topologico: notiamo che l'annuncio è privo di cornici ed occupa l'intero spazio della rappresentazione, così come la suddivisione dell'immagine è minimale poiché al di fuori del modello non vi sono altri elementi collocati né sullo sfondo e neppure in primo piano. L'unico altro elemento che costituisce una razionalizzazione spaziale è rappresentato dalla superficie sulla quale poggia il modello, la quale è ascendente verso il lato destro dell'immagine. Il modello sorregge la boccetta di profumo con atteggiamento plastico poiché ha le gambe piegate in segno di fatica e sforzo fisico poiché il flacone di profumo si presenta di proporzioni innaturali rispetto alla realtà ed essendo così grande è capace di concentrare l'attenzione dello spettatore su di esso facendo così passare in secondo piano il modello stesso che oltre ad un vago accenno di fatica nel sorreggere il profumo gigante non trasmette con l'espressione del viso la medesima sensazione di affaticamento, altro segno quest'ultimo di grandiosità e potenza divina. Grazie quindi a queste proporzioni iperboliche del packshot, possiamo individuare nel profumo l'elemento posto in primo piano e nel modello l'elemento posto in secondo piano, pur tenendo presente che queste sono le uniche figure collocate nell'immagine. Inoltre, sulla destra compare il logo dell'azienda, “Versace”, al di sotto del quale è collocato il nome del profumo, “Eros” con caratteri più piccoli. Conclude il tutto la baseline che recita “The new fragrance for men”.

Venendo al livello eidetico si riscontrano linee dai contorni marcati e netti, individuabili prima di tutto nella boccetta gigante di profumo che si presenta ben squadrata e nitida ed allo stesso modo appare chiara la superficie sulla quale poggia il modello, anche se il suo riconoscimento non risulta altrettanto semplice. Le linee del modello sono invece più morbide anche se ugualmente nette e l'effetto di morbidezza e leggerezza è suggerito anche dalla tunica svolazzante, anch'essa protesa verso destra. Possiamo inoltre riscontrare una rima eidetica sia nello svolazzo della tunica con l'andamento ascendente della superficie e sia nella posizione delle gambe del modello che appaiono quasi perfettamente parallele, esattamente come i bordi del flacone di profumo risultano del tutto paralleli, trattandosi di una forma quadrata.

Passando al livello cromatico ci imbattiamo in una prevalenza quasi totalizzante e onnicomprensiva delle tonalità del blu e dell'azzurro, che marcano sostanzialmente ogni singolo elemento del visual. Questo blu diffuso deriva senz'altro dalla colorazione cerulea del flacone di profumo che evidentemente si è espansa a tutta l'immagine omogeneizzando sia il modello stesso e sia lo sfondo che si presenta sfumato ed inizia con una colorazione azzurro chiaro sulla sinistra procedendo sino ad un blu pieno sulla destra. La medesima variazione cromatica la si ritrova nella superficie obliqua, anche se essa risulta molto più scura sulla destra rispetto a qualsiasi altro elemento dell'immagine. Il corpo del modello è invece di un marroncino misto al blu, anch'esso quindi contaminato dalla colorazione predominante del visual anche se il marroncino ci invita a pensare che la divinità conserva ancora qualche tratto di umanità che consente di collocarlo nel regno dell'umano piuttosto che in quello del divino, come detto in precedenza.
In ogni caso, questa colorazione totalizzante inserisce lo spettatore in un'atmosfera irreale, da sogno, dove una divinità è molto più umana di quanto si creda, dove i colori sono alterati rispetto alla realtà e dove le proporzioni non sono rispettate. Rappresentano un'eccezione cromatica la tunica del dio, di un rosso sgargiante, e il logo Versace di colore giallo.

In questo blu diffuso e ripetitivo possiamo individuare un semi-simbolismo, in particolare proprio con la sfera della volta celeste e quindi dell'onirico, del soprannaturale e dello spirituale poiché nell'enciclopedia diffusa si attribuiscono questi aspetti proprio al colore blu-azzurro del cielo, luogo dove si ritiene sin da tempi antichi che risiedano le divinità, collocate perciò ad un livello superiore rispetto invece all'inferiorità della vita terrestre. È forse tramite questa lettura che si può dare una risposta a questo visual che altrimenti rischia di apparire eccessivamente banale e scontato giacché l'utilizzo del corpo seminudo per pubblicizzare un prodotto è una pratica vecchia tanto quanto lo è il marketing, così come, parimenti, se non fosse per questa lettura vi sarebbe un nuovo disorientamento nello spettatore poiché in questo visual dal titolo “Eros” della divinità non v'è traccia: infatti, il modello non suggerisce alcun tipo di similitudine con il dio dell'amore che vorrebbe impersonare poiché sono assenti le sue caratteristiche tipiche citate poc'anzi, ovvero le ali d'angelo e l'arco. Allo stesso modo non troviamo alcuna traccia dell'amore, che sarebbe proprio il sentimento rappresentativo del dio, con una preferenza invece alla tematica dell'erotismo ampiamente riscontrata sia nella seminudità del modello e sia nei suoi gesti statuari e in un certo senso vanitosi. Un allontanamento dal tema dell'amore è altresì individuabile nel colore blu che non identifica questo sentimento nell'enciclopedia collettiva come invece lo può rappresentare il colore rosa o il colore rosso.

In definitiva, ci ritroviamo d'innanzi ad un visual scarno e povero d'inventiva sia sotto il profilo dei contenuti stessi, in virtù dei mancati collegamenti ed associazioni enunciate poco sopra, e sia dal punto di vista dell'estetica complessiva che ancora una volta gioca con la nudità per promuovere un prodotto che con l'erotismo e il piacere carnale non ha assolutamente nulla da spartire.

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